Siamo nella primavera del 1940. Alla repentina capitolazione della Francia, a pochi mesi dall’inizio della Seconda guerra mondiale, 400.000 soldati alleati, in gran parte inglesi, si trovano assediati dai panzer tedeschi sulle spiagge di Dunkerque. A soli 34 chilometri si intravedono le scogliere della salvezza, in terra britannica. Ma la marea e i bassi fondali condannano la marina britannica a tenersi a distanza. Mentre il nemico avanza e la battaglia imperversa sulle spiagge, in mare e nei cieli, l’esercito alleato studia il modo di sopravvivere. Sarà il generoso contributo di centinaia di civili inglesi, accorsi con barche private, a permettere di salvare, contro ogni speranza, gran parte dei soldati accalcati sui moli di Dunkerque. Una pagina di storia militare e di eroismo che ha cambiato le sorti del nostro continente.
Tre anni di attesa dopo Interstellar per salutare il ritorno di uno dei più grandi talenti contemporanei: è il genio di Christopher Nolan. Cinema visivo, regia inconfondibile, narrazione mai banale, suoni al cardiopalma. Le stelle si sprecano per questo straordinario evento storico e cinematografico. Girato in 70 mm, con qualità audio e video eccellente, Dunkirk va visto al cinema, perché è l’essenza del cinema, in tutta la sua fiera differenza dai libri e dal teatro.
Piovono bombe. Nolan ci porta in guerra, gettandoci addosso migliaia di proiettili e granate. Ci fa soffrire, tra il freddo gelido e impietoso delle acque insanguinate di Dunkerque, nel nord della Francia. Ci fa tremare al suono del nemico che distribuisce dolore senza pietà, con furia cieca e impietosa, lasciandoci appesi a un istante, di vita oppure di morte.
Nolan racconta la storia della gloria perdente britannica, negli anni cruciali della Seconda guerra mondiale, per decidere se sarà nazismo o democrazia. E mentre i buoni si ritirano, sconfitti, si forma il miracolo del popolo che lotta unito per resistere. Coscienza collettiva, spirito d’appartenenza, speranza senza alcuna certezza. Qualunque cosa sia successa, la storia quel giorno ha svoltato, sia per caso, per provvidenza divina o strenua umana resistenza. Festeggiando una sconfitta, il popolo inglese ha celebrato il coraggio dei soldati e dei civili, uniti dal terrore. L’umanità unita ha resistito al disumano.
Dunkirk è un thriller di guerra, sovrastato dal suono delle bombe nello stomaco. Nei brevi minuti in sala che Nolan ci concede (sono solo 106′, ben pochi rispetto ai suoi standard) non scorre l’orrore quanto la paura che imbeve i personaggi, tanto quanto gli spettatori. Trovando la formula magica, così solito a giocare con il tempo, Nolan divide la storia su tre piani temporali: una settimana in cima al molo, aspettando la strada di casa, un giorno per mare, inseguendo le onde cariche di naufraghi, un’ora in volo, regalando la vita a quelle di molti altri. Tre scarti temporali che culminano nel qui ed ora, quando tutto trova compimento. Virtuosismo registico che si beve ogni problema narrativo, lasciando incollati ai chilometri di schermo lo spettatore, scortato dal suono incalzante che ha fatto scuola nel Cavaliere Oscuro, dando ritmo viscerale ai fatti.
Nel capolavoro collettivo c’è spazio per le storie personali, che incrociano eroismo a egoismo. Donare la vita, salvare la propria. Istinto di sopravvivenza, miseria umana, follia distruttiva, spirito nazionale. Si celebra l’eroe, ma alla maniera di Nolan, che trova tutte le sfumature umane, libero dai condizionamenti hollywoodiani che servono il cinema militante ed educativo. Nolan è di Londra, respira inglese e prova a raccontare la storia, al di là della leggenda, lasciando spazio anche alla debolezza umana. Ma quel giorno c’erano più eroi che codardi. E in molti ce l’hanno fatta.
Cercate una sala, di quelle belle. Spegnete tv e computer. Andate al cinema e tornate a emozionarvi. Ogni altra scelta è un piccolo grande delitto.