Gli Oscar 2007 sono stati i migliori dell’ultimo decennio, in gara c’erano due giganti, Martin Scorsese e Clint Eastwood, con la vittoria del primo con The Departed, mica Il Paziente Inglese del 1997; Forest Whitaker premiato come attore protagonista per L’ultimo re di Scozia; Hellen Mirren per The Queen e poi l’originale Little Miss Sunshine. Come miglior film straniero ha vinto la statuetta Le vite degli altri, un film semplice, oggettivo, umano e con un giudizio storico. La pellicola aveva già riscosso un notevole successo con tanto di premi in Europa nel 2006 e il riconoscimento hollywoodiano ne è stato l’apice.
Con un budget risicato di due milioni di dollari il neo regista Florian Henckel von Donnersmarck (poi ha girato The Tourist) ha costruito una storia vera e significativa. Siamo a Berlino Est nel 1984 con il comunismo che regna imperterrito in tutti i paesi filorussi. La storia ha svelato i crimini e il clima di terrore che l’ideologia comunista ha instaurato. Di questo narra il film attraversando la vita di alcuni uomini. Eccezionale l’interpretazione dell’attore Ulrich Mühe, nei panni del protagonista, l’agente della Stasi KW/XX7.
Il fulcro del film è l’amore e, lui, l’agente della Stasi. Un uomo cinico dedito al suo lavoro di controllore per conto della tirannide marxista, ma pur sempre un uomo che pian piano viene scalfito nel suo cuore, nel suo desiderio umano sopito. La sua espressione facciale, il suo volto, da duro e inespressivo diventa pian piano carico di emozione, cambia completamente. Bellissimo. Mi ha colpito che nel luglio del 2007, pochi mesi dopo l’Oscar, Mühe sia morto per un tumore allo stomaco. Come se il suo compito d’attore e di uomo fosse arrivato alla conclusione finale.
Torniamo al film. Agente grigio, imperturbabile, che ha giurato per il compimento del socialismo reale e in missione h24 per esso. Non guarda negli occhi nessuno, va avanti per la sua strada. Integerrimo e solo. Si scandalizza quando vede che il potere in cui crede è corrotto. Spia un regista teatrale, Georg, incline al dissenso e scopre che la sua compagna, Christa-Maria, è costretta a subire i ricatti sessuali del compagno ministro. Rimane colpito da una poesia di Brecht tratta da un libro sottratto nella casa spiata e rimane incantato dalla musica suonata al piano dal regista. Qualcosa in lui si muove.
Alcune scene a cui fare attenzione.
– Lo spettacolo teatrale del regista è intitolato Le Facce dell’Amore.
– Il giubbetto grigio e chiuso sino al collo di Mühe e la sua camminata meccanica con le braccia e mani rigide.
– L’incontro con la prostituta e il desiderio che lei resti.
– Il bambino che sale in ascensore affermando nella sua semplicità che tutti gli uomini della Stasi sono cattivi.
– Mühe dice alla compagna del regista che lei non è più se stessa. A quel punto lei non va dal ministro, ma torna dall’amato compagno.
Da questa ultima scena si coglie che nell’uomo robot-spia c’è stato il cambiamento. Il desiderio nascosto in lui di amore e verità esce e si esprime come riverbero d’aiuto per la coppia spiata. E da qui in poi il fedele agente comunista diventa un colluso (direbbero all’Antimafia) con il dissenso. Anzi, lo sostiene.
Il film continua con dei colpi di scena, che non oso svelare, in cui l’agente KW/XX7 compie una svolta nella sua vita e, al tempo stesso, emerge la debolezza di Christa-Maria in tutta la sua drammaticità. Godetevi questo bel film.
Ultima cosa. Ulrich Mühe è stato nella vita reale un sostenitore del dissenso, il 4 novembre 1989, cinque giorni prima della caduta del muro, aveva tenuto un comizio in Alexanderplatz contro il comunismo. Ha avuto tre mogli e la seconda, pare inconsapevolmente (o forse no) ha dato informazioni su di lui alla Stasi. Un film che l’attore ha vissuto fino in fondo in prima persona.