Durante gli ultimi anni della sua esistenza, Christa Päffgen, in arte Nico, musa di Warhol, attrice feticcio di Susanne Bier e Thomas Vinterberg, cantante dei Velvet Underground e donna di indiscussa bellezza, vive una seconda vita quando inizia la sua carriera da solista. Qui, seguendo gli ultimi concerti di Nico e della band che l’accompagnava in giro per l’Europa negli anni ’80, la “sacerdotessa delle tenebre”, si è liberata del peso della sua bellezza e ha iniziato a ricostruire un rapporto, che non aveva mai avuto, con il figlio.



È la storia di una rinascita, di un’artista, di una madre, di una donna oltre la sua immagine da star. Non è stata un’impresa facile per Susanna Nicchiarelli trasferire sullo schermo le fasi finali della vita di una personalità complessa come quella di Nico. La regista è riuscita a portare a compimento il film descrivendo la protagonista a partire da una condizione esistenziale che ormai possiamo considerare come un tema che la appassiona: i segni che l’infanzia e la preadolescenza lasciano nelle persone.



La Nicchiarelli è al suo terzo film. Nel primo Cosmonauta del 2009, la protagonista era Luciana una “comunista” di 9 anni, nel secondo La scoperta dell’alba del 2013 si parla di Caterina dodicenne, mentre in Nico, 1988 il film si apre con Christa bambina che guarda da lontano i bagliori di una Berlino che brucia alla fine della Seconda guerra mondiale. Quelle luci di distruzione favoriranno la percezione e la condivisione delle ombre esistenziali che costituiranno la base della produzione artistica della cantante.

Il film, che ha aperto la sezione Orizzonti della Mostra Cinematografica di Venezia, è interpretato dalla danese Trine Dyrholm (Orso d’argento per la migliore attrice a Berlino nel 2016 per La comune di Thomas Vinterberg), che fa rivivere Nico interpretandola con la sua voce e trasformandosi fisicamente. Ambientato tra Parigi, Praga, Norimberga, Manchester, nella campagna polacca e lungo il litorale romano, Nico, 1988 è un road-movie che segue Christa Päffgen, che, grazie al suo nuovo manager Richard, vive una specie di seconda nuova vita. 



“Questa è la storia di Nico dopo Nico – ha detto la Nicchiarelli -, di lei di solito si parla solo in funzione degli uomini che ha avuto da giovane: Brian Jones, Jim Morrison, Bob Dylan, Alain Delon, Iggy Pop. Una volta in un’intervista lessi che Nico si considerava una donna finita a 34 anni. Falso. Dopo l’esperienza con i Velvet Underground Nico cresce ancor di più artisticamente e musicalmente. Ho voluto raccontare la sua parabola al contrario: la perdita del consenso e il cambiamento del suo aspetto, hanno significato la conquista della libertà”. Paradossalmente quando Nico era giovane e bella non era felice.

È stata una personalità complessa, morta a Ibiza nel luglio del 1988, aveva il rimpianto di non essere nata uomo, non si riconosceva nella celebrità, nella vita brillante e spesso si trovava a lottava contro se stessa. “Sono molto diversa da Nico, diceva lei, però mi piace trovare vie di fuga che mi permettano di trovare cose nuove in me”. Era una donna molto dura, mai compiacente e nel film, la regista, ci aiuta a capire da che cosa dipendesse tutto ciò. “Nell’anti-nostalgia, nell’anti-etica, mi sembrava più interessante quello che c’era dietro l’immagine pubblica di Nico”, dichiarò la cantante stessa. Divenne veramente libera quando invecchiò.

Nella ricostruzione filmica la regista, si ispira a personaggi reali e a situazioni davvero accadute, ma senza limitarsi a una semplice riproposizione di fatti. “Abbiamo provato a dare una nostra versione di Nico, anche musicale, senza fermarci alla semplice imitazione”, aggiunge Trine Dyrholm, che la regista ha scelto subito per il ruolo. “Avevo bisogno di energia, oltre che di una bravissima attrice, e la Dyrholm poteva aiutarmi a dare un senso a questo personaggio, a ritrovare Nico attraverso le parole e la musica”, spiega la Nicchiarelli.

Questo film confuta l’affermazione di Andy Warhol che disse di lei “È diventata una grassona drogata ed è scomparsa” e racconta la storia di un’artista che trova soddisfazione nella sua arte solo dopo aver perso la maggior parte dei suoi fan. “Mi sono innamorata di Nico per la sua intelligenza e ironia – aggiunge la Nicchiarelli -, e ho cercato di raccontare la sua storia con il necessario distacco e senza sdolcinature, come credo l’avrebbe raccontata lei stessa. La musica di Nico è stata di gran lunga una delle produzioni più interessanti del periodo e mi ha dato la possibilità di mostrare come la storia di Nico, come quella di tutti noi, fosse costantemente sospesa tra il dramma e la farsa. Attraverso la sua musica, le sue parole e le sue azioni, ho reinventato la donna che ho immaginato ci fosse dietro alla star di una volta”.