All’indomani della cacciata da Viale Mazzini, Massimo Giletti torna a dire la sua sulla questione Arena. A intervistarlo, Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio su ECG: “Non ho più voglia di parlarne, ho già detto che in una tv pubblica normale un programma che fa 4 milioni non viene chiuso. Poi sono scelte di un Direttore Generale che sarà responsabile di quello che farà e verrà chiamato più in là a giustificarsi. Chi ha deciso sa perché lo ha fatto. Avrà avuto qualcuno che gli ha detto di farlo oppure ha deciso lui, non mi interessa, non ho più voglia di parlare di questa vicenda, di una decisione che non ha senso. Al momento, il mio obiettivo è confezionare un programma nuovo in una tv in cui sto entrando in punta di piedi“. La7, per Giletti, vuol dire servizio pubblico. Il canone non basta per guadagnarsi questa definizione: “Sono contento di far parte di una televisione in cui si ha rispetto della libertà”.



A proposito di libertà… “Io ho avuto grandi direttori. Leone mi ha difeso come pochi altri […] Ho sempre avuto grande libertà, la Rai la considero la mia casa, una casa a cui sono legato da profondo affetto, in cui ho conosciuto persone di valore. Mi ero illuso, forse, che fare 4 milioni di spettatori garantisse una certa emancipazione anche in questo futuro prossimo, vicino alle elezioni. Evidentemente mi ero sbagliato”. Si è accennato alla politica: “Questo è un Paese dove ogni tanto qualcuno cerca di far rispettare le regole e passa dalla parte di quelli che fanno soprusi, non essendo più abituati. Sembra che in Italia si abbiano solo diritti e nessun dovere, e invece tutti noi siamo parte dello Stato. Se ciascuno facesse il suo le cose andrebbero meglio. Vedere attaccata la Polizia perché ha fatto rispettare la legge mi sembra un cortocircuito dal quale sarà difficile uscire. In Italia servirebbero più personaggi tipo Olivetti, un mecenate di grande lungimiranza. Vedo manager che prendono liquidazioni pazzesche dopo aver diretto un’azienda per un anno o due…”.



Ma la vera hamartia, per Giletti, resta l’informazione: “In un Paese in cui i giornali sono figli di determinati editori, le stesse televisioni sono in mano a partiti e la tv pubblica sembra abbastanza omologata, è la coscienza del giornalista a [dover] fare la differenza. Il racconto dei fatti deve avvenire in modo serio e intellettualmente onesto. Rispetto alla mia ultima esperienza ho poche speranze in questo senso. È faticoso dover fare il proprio lavoro senza piegare la testa o fare favori a qualcuno. Però bisogna provarci, bisogna crederci. Il giornalista è un raccontatore di fatti, non deve mai prendere posizione. Poi i grandi conduttori devono avere la forza di dire quello che pensano su certi argomenti”.

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