Lo abbiamo visto lo scorso venerdì nuovamente in giuria a Tale e Quale Show. Lui è Christian De Sica, figlio del celebre e compianto Vittorio nonché star di numerosi Cinepanettoni, tanto attaccati dagli intellettuali. Gli stessi che, a detta dell’attore, “non perdonano i comici”. Quei film leggeri così tanto bistrattati, in realtà, come ha raccontato De Sica in una recente intervista al quotidiano Il Messaggero, rappresentano lo specchio della borghesia italiana, molto meglio di quanto non avrebbero potuto fare i film d’autore. “E io ne sono orgoglioso”, ha commentato. Eppure, anche questo ha avuto un prezzo per lui, nonostante il successo ai botteghini. Tanto per iniziare, a causa della convinzione che lui fosse solo ed esclusivamente un attore comico, non gli è stato permesso di portare a compimento un suo grande desiderio: “fare il film sulla storia d’amore fra papà e mamma”. Da anni la sceneggiatura è terminata, ma nessuno in Italia ed all’estero sarebbe intenzionato a produrlo. “Peccato, è una storia meravigliosa”, dice oggi con una punta di sincero rammarico.
L’AVVENTURA IN VENEZUELA
Il successo per Christian De Sica, “figlio di”, è stato tutt’altro che cosa semplice. “Ho sudato e tremato”, racconta oggi, rievocando la volta in cui si esibì allo Sporting club di Montecarlo, l’unica alla quale assistette anche il padre Vittorio. “Avevo 23 anni ed è morto poco dopo. Io e Manuel eravamo poco più che ragazzi”, ha aggiunto. Sin da giovane però, grazie proprio al padre, Christian ha potuto incontrare personaggi celebri del calibro di Charlie Chaplin. “Aveva incontrato papà a Los Angeles, che era andato a cercare i soldi per girare Ladri di biciclette”, ricorda. Un progetto però che per l’America non andava bene perché “qui si gira negli studios, voi andate in strada. La gente non capirebbe”, fu il commento di Chaplin. Poi, a 18 anni De Sica decise di emigrare fino in Venezuela: “Volevo vedere cosa ero capace di fare”, racconta. Qui lavorò come cameriere, poi si fidanzò con la figlia di un noto conduttore, Renny Ottolina (poi ucciso in un attentato) e iniziò a lavorare in televisione con un contratto di 5 anni. “Tutto andava benissimo. Avevo successo, ma non ho retto, papà al telefono mi urlava: Ma che stai a fare laggiù, il cretino?”. E così, eccolo di ritorno in Italia dove prese il via la sua vera palestra, ripartendo proprio dalla tv con i varietà di Falqui e Trapani. “Ma ho fatto anche Sanremo”, ricorda. Non come conduttore ma come cantante, sebbene non riuscì ad ottenere il successo sperato.
IL FLOP ALLA REGIA E LA RIPARTENZA
Il suo primo 33 giri si intitolava: Anch’io ho qualcosa da dire. Una sorta di dichiarazione di intenti del quale furono vendute 80 mila copie. La musica, in realtà, ha sempre fatto parte della sua vita a partire dalla sua passione per il jazz. Tra i suoi eroi musicali cita Frank Sinatra, al quale dedicò un film musicale, The Clan, che però fu bocciatissimo. “In Italia le commedie musicali non le ama nessuno, ti tirano i pomodori se ti metti a cantare mentre parli”, dice. Forse il successo sperato lo avrebbe potuto ottenere in teatro, dove vi farà presto ritorno, il prossimo anno, con Preludio: “un concerto racconto attraverso le canzoni”. Dopo la delusione di The Clan, Christian De Sica smise di cimentarsi alla regia, ma forse per lui è tornato il momento di riprovarci: “Sto scrivendo una storia con Fausto Brizzi, una commedia che cominceremo a girare da luglio”, rivela. Intanto si torna a parlare di Cinepanettoni con Poveri e ricchissimi in uscita il 14 dicembre. “Ma per Natale faccio anche un disco, Merry Christian, dove canto tutti i pezzi natalizi con una big band”, annuncia. Un ritorno alle origini in grande stile, dunque.