Siamo nell’anno 2740 d.C., da qualche parte nell’universo. Valerian e Laureline sono due agenti speciali al servizio del ministro della Difesa. La loro missione è quella di infiltrarsi nell’affollatissimo mercato virtuale di Kirian per recuperare l’ultimo esemplare di una tenera creatura magica, il Mul Converter, che potrebbe mantenere a lungo la pace globale. Nel frattempo ad Alpha, la città dei Mille Pianeti, un centro virtuoso di una mirabile quanto straordinaria convivenza di specie dell’universo, qualcosa sembra non funzionare. Toccherà ancora a Valerian e Laureline scoprire e sventare la grave minaccia.
Luc Besson, estroso ed estremo regista francese, torna alla fantascienza dopo vent’anni dal Quinto elemento, film culto degli anni ’90. Riaccende l’immaginazione a partire da una graphic novel degli anni ’70 che, secondo quanto ha dichiarato alla stampa, lo ha ispirato per anni, animando i suoi sogni di bambino e poi quelli di regista: “Valerian e Laurelin”.
Con 197 milioni di euro Valerian e la città dei mille pianeti è a oggi il film europeo più costoso della storia. E lo si intuisce già nei primi dieci minuti. Sostenuti da un 3D raramente così performante, Besson ci accompagna in un mondo incantato di pacifici alieni che ricordano vagamente le sembianze degli esseri blu di Avatar. Sono creature androgine, seminude nei loro corpi anoressici e slanciati, e vivono in spiagge sconfinate del pianeta, che sembrano corrispondere al sogno esotico di ogni umano.
È solo l’esordio di un film che ci trasporta nel futuro immaginato oltre l’immaginazione, che ci sorprende per fantasia, suggestione e creatività. Valerian è la somma di molta fantascienza cinematografica, che convive in mondi saturi di creature, forme, colori e rumori. Un film che bombarda il silenzio, il vuoto, il mistero dell’ignoto, per riempirlo di risposte e visioni sorprendenti.
Besson attinge a piene mani dal già visto, ma aggiunge del suo, senza temere di dare alla luce un film barocco e strabordante, fin oltre il buonsenso.
Nel pieno futuristico e fracassone, che è la cifra di questa produzione, trova spazio una storia romantica e quasi delicata, che si consuma tra le due star del film, Dane Dehaane e Cara Delevigne. Il primo, eroe cattivo in The Amazing Spider-man 2 e poeta maledetto in Giovani ribelli, viso espressivo e intenso; la seconda, uno dei visi più riconoscibili al mondo, fenomeno social e sensuale modella, oltre che attrice più che promettente al suo quinto film. Tra i due scocca l’attrazione che si esprime con moderato affetto nei ritagli di tempo delle loro coraggiose missioni.
Valerian e la città dei mille pianeti è una scoperta positiva. Un’avventura spaziale vivace, visivamente mozzafiato, un videogioco giocoso e giocabile, una love story improbabile e un po’ scontata, ma glamour, nel bel mezzo della spazzatura affollata di un futuro virtuale, imbruttito e pericoloso. È una provocazione visiva che sfocia nel grottesco e nel kitch (che, ci auguriamo, sia voluto), tra un oscuro presagio di migrazioni incontrollate, turismo virtuale e mercificazione globale.
Diciamo la verità: Valerian, come Besson, si può amare ma anche odiare, poiché la misura non è certo il suo metro di giudizio, come nemmeno la qualità della sua storia. Però è un film che colpisce lasciando un segno nella memoria.