Fa un curioso effetto al vostro vecchio Yoda rivedere improvvisamente spuntare Santoro da Rai 3 in prima serata. Sembra davvero un resuscitato, dato che la stessa scenografia ha un che di cimiteriale: probabilmente per risparmiare, è semplicemente proiettata sulle pareti del grande studio del Centro di Produzione Rai di Torino e l’effetto è un po’ funebre e deprimente. Il mitico Michele inizia sempre allo stesso modo: un po’ di resoconto in stile populista dei politici che occupano la tv per la campagna elettorale, ma è un discorsetto che si potrebbe sentire al bar. E subito si capisce qual è il tema della serata: lo scandalo delle banche. 



Si comincia con il disastro del Montepaschi di Siena, riletto inizialmente attraverso i racconti dei risparmiatori truffati, che, essendo toscani, ci danno l’impressione di assistere a una puntata del Bar Lume. Per agganciarsi un po’ all’attualità, Michele tira fuori l’argomento del giorno, l’ipotesi di insider trading a opera di De Benedetti, che avrebbe investito nelle azioni delle banche popolari grazie agli spifferi di Renzi. Chiede inoltre al finanziere Micheli se gli pare normale che un imprenditore abbia frequentazioni così frequenti con i vertici del Governo e della Banca d’Italia. Micheli abbozza e risponde con una mezza verità (“è normale”), dimenticando di dire che De Benedetti è un importante editore che in cambio di questa familiarità può garantire una fondamentale buona stampa ai suoi interlocutori. Per alleggerire, interviene a sorpresa il comico Andrea Rivera, specializzato nel costruire gag con i termini di un determinato settore: fa davvero ridere sostituendo alle parole corrette quelle simili, tipiche del mondo bancario e finanziario. 



Dopo la pubblicità arriva Saviano a raccontarci, partendo dall’omicidio della giornalista uccisa a Malta, che l’isola è diventata uno dei più importanti paesi off-shore in grado di sottrarre 2 miliardi di euro l’anno all’Europa in tasse non pagate. È la solita savianata di denuncia, ma proprio nulla di nuovo. E dopo si riprende con le banche, andando in Veneto e approfittandone per tirare fuori un po’ di questioni trattate dalla recente Commissione banche. Con i soliti disegni si ricostruiscono alcuni passaggi in cui gli organi di controllo si schermiscono dicendo di essere stati ingannati dagli amministratori locali. Presente in studio, il consulente finanziario Giuseppe Bivona afferma che non potevano invece non sapere, in quanto solo lui ha mandato almeno settecento esposti a tutte le autorità possibili e immaginabili, italiane ed estere…! È pure un personaggio dai modi divertenti, che dimostra con poche azzeccate affermazioni che il re (delle banche) è nudo. 



Dall’accento toscano si passa all’accento veneto dei risparmiatori truffati, e il “cahier de dolèance” è analogo a quello dei risparmiatori di Siena. L’amara verità che emerge su tutto è che gli amministratori non sapevano e i controllori non vedevano. Qua e là spuntano analisi corrette: Micheli dice che ai vertici del sistema sono stati messi avvocati a fare i manager, incompetenti/ossequienti a gestire montagne di soldi dei cittadini vendendo poi a loro dei titoli tossici. In parole povere lo dice anche Ugone, rappresentante di un’associazione di risparmiatori della Banca Popolare di Vicenza: “Io che sono ignorante se vado in banca per comprare azioni, mi aspetto aiuto e consiglio da un professionista serio, come mi aspetto serietà ed esperienza dal medico che mi accoglie in ospedale per occuparsi della mia malattia”. Inoppugnabile. 

Dopo la pubblicità purtroppo Santoro resuscita Vauro che fa ridere solo lui, mentre gli applausi sono palesemente a comando. Molto più interessante l’alter ego mascherato Nazareno Renzoni, che svela la vera strategia dietro la rinuncia di Maroni a ricandidarsi in Lombardia: se si dovesse fare un governo di grande coalizione, Salvini si rifiuterebbe, e Maroni, già ministro dell’Interno, sarebbe l’uomo giusto. Tutto studiato a tavolino da Berlusconi.

Si passa quindi a Banca Etruria, sgranando il rosario delle denunce dei risparmiatori danneggiati e di quelli a conoscenza delle più diverse truffe. Si riesumano gli incontri tra Vegas e Boschi. Vari interventi attribuiscono alla Boschi il diritto di occuparsi della banca del suo territorio, non ritenendola responsabile di conflitto di interessi, ma al massimo di ingenuità. Taglia invece assai corto Ugone: “Se fosse stata veramente interessata al territorio, come membro del governo avrebbe dovuto spingere per provvedimenti che salvassero i risparmiatori. Invece sono state salvate le banche e lasciati affogare i risparmiatori…devono andare tutti a casa”. 

Che giudizio si può dare di questa puntata di M (come Michele)? Santoro è Santoro, e fa sempre se stesso. Aveva detto nella conferenza stampa di presentazione: “Noi dobbiamo provare a uscire dai soliti schemi, per questo sono convinto che occorra costruire un ‘laboratorio’ per dare vita ad una serialità. Riparto con lo spirito di 22 anni fa, io faccio quello che i tg non fanno, quello che il flusso non fornisce. La carta stampata ci prova ma non con molto successo. Proviamo con il tema monografico, mentre la tv di oggi va per pezzetti”. Francamente Yoda non ci ha trovato niente di nuovo né di sperimentale, anzi ha rivisto sullo schermo lo stesso schema santoriano di sempre. L’unico fatto nuovo è costituito da un Santoro più asciutto, più pacato, più riflessivo, forse perché ha potuto preparare con più tempo il numero monografico, scegliere bene gli intervistati e gli ospiti, evitando per una volta di cadere nella trappola della rissa provocata ad arte in studio tra gli ospiti per catturare audience. 

Ecco, questo è il merito maggiore di questa nuova serie chiamata M: tornare ad essere più seri e ad approfondire meglio. Era ora.