Libero Grassi è ricordato come l’uomo che è morto per essersi rifiutato di dare i soldi alla mafia, ma non è morto per questo. Lo ha spiegato chiaramente sua figlia Alice quando fu celebrato il 25esimo della sua morte. «Mio padre è stato ucciso per la sua denuncia pubblica. Si sa dalle intercettazioni che il motivo è questo e che non tutti erano d’accordo, è stata una decisione autonoma del clan Madonia». A quei tempi l’80% degli imprenditori pagavano il pizzo: la figlia di Libero Grassi raccontò che c’era un accordo per pagare tutti e meno, quindi non bisognava rompere gli equilibri. «Mio padre li ha rotti», ha spiegato Alice Grassi, che ha cominciato a raccontare la storia di suo padre quando si è accorta che pochi la conoscevano. «Dover ricordare sempre persone uccise è molto triste. Dobbiamo imparare a fare qualcosa perché questa gente per bene non muoia. La cosa fondamentale è avere appoggio e sostegno dai cittadini quando si è vivi». (agg. di Silvana Palazzo)
“PER ANNI NESSUNA SOLIDARIETÀ, ORA È UN ESEMPIO”
A tener viva la memoria di Libero Grassi in questi anni sono stati i figli, Alice e Davide, che sono stati coinvolti in ogni fase della produzione di “A testa alta”, il film che è in onda su Canale 5. Alcune scene sono state girare nella vera casa, dove è stata ricostruita la sala da pranzo esattamente come era allora. I due figli non nutrono comunque alcun dubbio sul prodotto: «Il messaggio che arriva dal film è forte e chiaro. All’anteprima di Milano, me lo hanno raccontato alcuni amici di cui mi fido ciecamente, alla fine erano tutti con le lacrime agli occhi», ha dichiarato Alice Grassi ai microfoni di Tiscali. E Davide aggiunge: «Si espone a qualche semplificazione, ma i vantaggi sono sicuramente maggiori e il risultato è positivo». Il film che racconta la storia del padre Libero rievoca però una fase molto dolorosa della loro vita. «Mi viene in mente cos’altro sarei potuto essere, cos’altro avrei potuto fare. Sia nel caso che non ci fosse stato l’omicidio, sia se avessi reagito diversamente». Alice invece ha parlato del rapporto con la città: «È stato micidiale. Per 15 anni solidarietà pari a zero. La gente sapeva chi ero e faceva finta di niente. Oggi, per fortuna, è diverso, non mancano persone che incontrandomi mi dicono che la mia famiglia è stata un esempio». (agg. di Silvana Palazzo)
IL GESTO RIVOLUZIONARIO DELL’IMPRENDITORE UCCISO DALLA MAFIA
Libero Grassi era un imprenditore tessile da sempre attivo in ambito politico e con il figlio Davide era a capo dell’azienda di famiglia, la Sigma. Un giorno però, qualcosa cambiò nella sua vita: alla sua porta bussa il clan mafioso Madonia che pretende il versamento del pizzo. A quel punto, Grassi fece qualcosa di inimmaginabile per lo stesso clan di Cosa Nostra, ovvero disse di no, opponendosi alla richiesta della mafia e con una lettera dal titolo “Caro estortore” inviò al mittente le richieste e le minacce ricevute. La missiva fu pubblicata sul Giornale di Sicilia il 10 gennaio 1991 e rappresentò all’epoca un vero e proprio gesto rivoluzionario nonché una dichiarazione di guerra a Cosa Nostra messa in atto da parte di un normale cittadino. E guerra fu. Quella stessa lettera nella quale Libero Grassi spiegava con estrema chiarezza la sua posizione fu ripresa dalla stampa locale anche se quella nazionale sembra ignorare quasi interamente la vicenda clamorosa. Quell’azione però, rappresentò una vera e propria bomba ad orologeria e così prefetto e questore decisero di offrire all’imprenditore la scorta, che però Grassi rifiutò con forza consegnando le chiavi della fabbrica alla polizia come segno simbolico. Se dal resto d’Italia arrivarono molte dimostrazioni d’affetto, lo stesso non avvenne da parte dei suoi colleghi siciliani e così Libero Grassi si ritrovò da solo contro il pizzo. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
LIBERO GRASSI: LA SUA STORIA IN UNA FICTION
Canale 5 presenta in prima serata il film tv Liberi sognatori: A Testa Alta – Libero Grassi. Una emozionante fiction diretta dal regista Graziano Diana, dove viene raccontata la storia di Libero Grassi (personaggio interpretato dall’attore Giorgio Tirabassi), imprenditore siciliano divenuto simbolo della lotta alla mafia. Grassi ebbe la forza di opporsi con decisione alla criminalità dicendo no al pizzo richiesto dai malavitosi che puntualmente si presentavano al suo cospetto. In una celebre intervista rilasciata l’11 aprile del 1991 a Michele Santoro ed ossia 4 mesi e mezzo prima di venir ucciso, Libero Grassi rimarcò con forza il suo ideale di dignità e libertà: “Io non sono pazzo: non mi piace pagare. È una rinunzia alla mia dignità di imprenditore”. Libero Grassi tra l’altro, sfidò apertamente cosa nostra pubblicando una lettera sull’edizione del 10 gennaio del 1991 in cui sintetizzò quanto gli era appena successo: “Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al “Geometra Anzalone” e diremo no a tutti quelli come lui”.
LIBERO GRASSI: LA VITA E L’ASSASSINIO
Libero Grassi è nato a Catania il 19 luglio del 1924 in una famiglia marcatamente antifascista che scelse questo nome nel ricordo del sacrificio di Giacomo Matteotti. Ebbe modo di studiare prima a Roma e quindi a Palermo con l’obiettivo di intraprendere una professione diplomatica ma poi alla fine, per una serie di situazioni contingenti, si ritrovò a proseguire l’attività del padre come commerciante. Negli anni Cinquanta si trasferisce a Gallarate per aprire uno stabilimento tessile ma contemporaneamente ha un forte impegno politico contribuendo all’apertura del Partito Radicale al fianco di Marco Pannella. Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, tornato a vivere in Sicilia, si ritrova a dover fronteggiare minacce da parte di mafiosi che richiedevano il pagamento del pizzo. Il 29 agosto del 1991 Libero Grassi viene ucciso a Palermo intorno alle 7:30 di mattina mentre sta per recarsi a piedi a lavoro.