Non vi sarete mica lasciati sfuggire “La storia di Marta la cernia e del ristoratore dal cuore tenero”, vero? Allora ripeschiamola (verbo più che mai appropriato, visto l’argomento) dal quotidiano “La Stampa”: C’è una nuova sensibilità nelle cucine europee, quella sensibilità che ha portato per esempio la Svizzera a proibire l’immersione in acqua bollente delle aragoste ancora vive. Una nuova sensibilità arrivata anche nelle cucine di un piccolo ristorante di Camogli (Genova), nel Levante ligure, che ha salvato dalla teglia “Marta”, una cernia da due chili pescata in mattinata poco lontano da lì. Il titolare del ristorante vede la cernia nella teglia ancora viva, che apre e chiude le branchie. Si commuove, non riesce a dire ai cuochi di metterla in forno così. E allora torna in sala, individua un cliente amico e gli chiede un favore: riporta la cernia in mare.



Possibile commuoversi per una cernia nella teglia? “Sì, cerniamente!”, assicura il professor Arturo Paguro Junior, di cui è d’uopo una biografia, seppur succinta. Fin da piccolo il Paguro rimase come intrappolato nelle rete della passione ittica, letteralmente affascinato dall’acqua e dai suoi abitanti, diviso tra il fiume e il parco ittico, essendo natìo di Zelo Buon (pesce) Persico, borgo nel Lodigiano famoso per questa singolare riserva di pinnati d’acqua dolce. Una predilezione che suo padre – Arturo Paguro Senior, di carattere tutt’altro che un mollusco! – incanalò ben presto verso lo studio della materia con un perentorio “…e allora, datti all’ittica!”.



Saggio e intransigente consiglio: oggi Arturo Paguro Junior è degno successore del padre all’Università di Pescia, docente in Storione universale delle branchie dell’ittiologia antica, moderna e contemporanea. Se diciamo che per lui i pesci non hanno segreti, crediamo davvero di non fare la figura dei boccaloni, essendo oltre tutto l’autore del best seller (per 28 settimane in testa alle vendite a Tokyo, dove c’è il più grande mercato di pesce al mondo) “E’ giusto si seppia che… – Tutti (o quasi) i segreti dei pesci” (EdiPaguro, i libri se li stampa e distribuisce lui, non solo in rete!). Quel “quasi” tuttavia è importante. Infatti al Paguro resta ancora tutta una serie di misteri marini (e lacustri) da decifrare. Eccone alcuni, pescati un po’ a caso per i lettori del Sussidiario.



La razza bianca, recentemente evocata dal candidato alla presidenza della Regione Lombardia, Attilio Fontana, è un pesce che popola solo le acque dei fiumi e dei laghi lombardi e del Canton Ticino?

La lisca del dentice può servire per gli impianti odontoiatrici?

L’aguglia si alleva a Milano, nelle pozzanghere che si formano in Piazza Duomo?

I consumatori più voraci di aringhe sono gli avvocati nelle pause pranzo dei processi?

La cappasanta è una lettera con l’aureola che galleggia tra la J e la L?

Il mitile ignoto è uno dei tanti crostacei di cui neanche Piero Angela conosce la vera identità?

Il gambero rosso è così competente da essere costantemente consultato sulle scelte enogastronomiche per evitare di prendere granchi?

Quanto è credibile che un crostaceo possa dire all’amico che non vede da un po’: “Ehilà, come sta quella granseola di tua sorella?”

La sogliola limanda è il pacifico pleuronectide che, trastullandosi nel Mar Cinese meridionale, per sua natura temporeggia, cioè limanda a domani ciò che potlebbe fale oggi, oppure è l’aggressivo pleuronectide che, d’umore sempre nero perché deve nuotare nel Mar Nero, limanda tutti aff……o?

La mormora si pesca nel Piave?

Il nasello e l’occhiata sono due dei cinque organi di senso di cui sono dotati gli esseri acquatici?

L’ombrina preferisce il vino bianco o rosso?

L’orata si chiama così perché si cucina in 60 minuti?

Il pagello si pesca solo alla fine del trimestre?

La spigola è acuta o ottusa?

La vongola è il pesce tipico di Venezia, del quale solo i vongolieri conoscono la singolare tecnica di pesca?

Il merluzzo carbonaro ha fatto i maremoti del 1815?

Domande, queste, che potrebbero trovare adeguata risposta nel prossimo libro di Arturo Paguro Junior, in uscita sempre per i tipi della EdiPaguro, dal titolo “Perché la salma manda cattivo odore e il salmone no?”.