Fede e coraggio sono le parole chiave che hanno accompagnato la vita e la carriera di Massimo Giletti, migrato a La7 con il suo nuovo programma “Non è L’Arena“, sfida professionale che lo ha visto allontanarsi dalla sua casa per tanti anni, Rai Uno, e dalla sua domenica pomeriggio boom d’ascolti. Il conduttore, in una recente intervista per Diva e Donna, ha raccontato il suo profondo legame con la fede, descritta come “qualcosa avvolto nel mistero e una ricchezza interiore molto importante. Non puoi raccontare come nasce, sono sensazioni vissute nel profondo”. Un punto di riferimento, un pilastro del suo quotidiano che lo sostiene da sempre. E chi non ha fede? “Vuol dire che basta a se stesso e non si pone dubbi. A me fa piacere pensare di avere un sostegno”. Alla domanda su eventuali critiche per questo suo rapporto profondo con la religione, Giletti sceglie di citare il brano simbolo del cantautore scomparso nel 2013, Franco Califano,: “Io guardo me stesso e tutto il resto è noia”. La fede resta comunque fuori dai successi personali legati ad ascolti e share (“Credo che Dio vada scomodato per cose più serie”): in quel caso, ad essere punto di riferimento, è solo il proprietario di La7, Urbano Cairo.
L’INFANZIA DI MASSIMO GILETTI
Passione, fatica e coraggio sono gli elementi base per avere successo nella vita. Non parla solo di religione e di fede, Massimo Giletti. Il giornalista si lascia andare anche a lontani ricordi legati alla sua infanzia, quando giocava con i fratelli e alcuni amici più grandi di lui nella casa di campagna. I ruoli erano chiari, ai tempi: i grandi erano le “giacche azzurre” mentre lui, con gli altri più piccoli, erano gli indiani “sconfitti”. E proprio uno dei suoi primi punti di riferimento fu Toro Seduto -il cui nome originale era Hunkesni- ‘colui che rifletti prima di agire’. Non un nome a caso, come lui stesso ammette: “Era un leader lontano dal potere. Da lì, dalle sue e dalle nostre sconfitte di bambini, è nata la passione per chi perdeva. Ho pensato che fosse interessante vedere chi erano gli sconfitti”. Giletti non si definisce così ma non ha dubbi da che parte stare e a cosa punta anche oggi, da grande: “Far capire alla classe politica che l’Italia non può più sopportare i privilegi”. E anche Hunkesni approverebbe sicuramente questo punto di vista…