Da qualche settimana Antonio Albanese è approdato anche in libreria con il suo “Lenticchie alla julienne”. Un libro ricco di satira con protagonista Alain Tonné dalla cui “vita, ricette e show cooking” prende il via la storia narrata. Nel mirino dello scrittore, i tic e le follie (a partire dai nomi delle pietanze) di molta moderna cucina d’autore, spesso intravista anche nei più popolari talent show culinari, a partire dal “padre” per eccellenza, MasterChef. Il quotidiano Il Messaggero, a tal proposito ha voluto intervistare Giulio Picchi, giovane “figlio d’arte”, e che proprio al fianco del padre Fabio, dopo una dura gavetta, lavora nel Cibreo, luogo gourmet simbolo della cucina italiana moderna capace di arrivare dritto al cuore dei suoi clienti. “Il libro di Albanese gioca sul paradosso ma senza dubbio contiene delle verità dietro le sue geniali provocazioni”, ha esordito Picchi, invitando i suoi colleghi chef a metterci meno ego e testa e più cuore in ciò che fanno. Un insegnamento che tante volte abbiamo sentito da parte di chef stellati protagonisti nei confronti dei concorrenti di MasterChef. Per Picchi, ciò che andrebbe evitato sarebbero proprio le eccessive esagerazioni. Albanese, sotto questo punto di vista, sembra aver colto nel segno quando ha narrato le geniali pietanze realizzate da Alain Tonné e presentate come opere d’arte, dal lichene disidratato, alle palline di consommé in tempura, i tortelli al colombaccio impotente, il brodo alla griglia, la zuppa verticale, fino alle alghe sferificate all’alito di cernia. Lo stesso protagonista del libro non ama affatto definirsi uno chef, bensì “un artista”.



ANTONIO ALBANESE, NEL MIRINO LA MODERNA CUCINA D’AUTORE

Guardando una puntata di MasterChef non passano inosservati i nomi spesso bizzarri con i quali i concorrenti presentano i loro piatti agli chef-giudici. Forse è proprio questo che contesta Antonio Albanese nel suo libro satira, sebbene Giulio Picchi abbia commentato in merito: “Chiaro che c’è una grandissima cucina creativa capace di suscitare vere emozioni, ma il problema è che si è anche creato un parallelo fenomeno emulativo di locali che, con la scorciatoia dei facili stupori, stanno producendo un vero e proprio kitsch gastronomico”. Oggi appare sempre più evidente – ed ancora una volta è Alan Tonné a dimostrarlo – come ad avere valore non sia più tanto la qualità dell’opera (in questo caso del piatto) quanto piuttosto il nome dell’autore. Ma Albanese ce l’ha forse con gli chef? Nient’affatto, come ha confermato lui stesso in una intervista al Corriere: “Sono loro che stanno esagerando. Non puoi commuoverti per i prodotti a chilometro zero, e poi fare la pubblicità ai grassi saturi. Con tutta la fatica che ho fatto per non far mangiare ai figli troppe patatine…”, aveva commentato nelle passate settimane. E alla domanda se per caso ce l’avesse proprio con Cracco aveva replicato: “Non guardo MasterChef. Non fa piangere, non fa ridere: non mi interessa. E non ho mai attaccato una persona vera; come non so fare le imitazioni”.

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