L’INTERVISTA DI ALEX ZANARDI A “IL GIORNALE – OFF”
Sono passati oramai sedici anni dall’incidente che ha cambiato la vita di Alex Zanardi, anzi per meglio dire le vite di questo 51enne emiliano che da quel 15 settembre sul circuito di Lausitz ha trovato la forza per reiventarsi e passare da semplice pilota a vero e proprio mito per tutti coloro che vivono una disabilità e che, come nel suo caso dopo l’amputazione delle gambe, ha mostrato come si possa diventare recordman, nonché apprezzati protagonisti anche sul piccolo schermo, solo con la forza di volontà. E di questo e altri temi ha parlato proprio Zanardi in una recente intervista concessa a Off, l’appendice culturale de Il Giornale, raccontandosi non solamente come uomo di sport ma anche come padre di famiglia e modello per migliaia di persone. Tra le diverse “istantanee” che il pilota originario di Bologna raccoglie della sua vita ci sono il primo giorno sui go-kart, ma anche l’abbraccio di suo padre dopo una vittoria, un volo di ritorno a casa prima che nascesse suo figlio e anche quella volta in cui che è riuscito finalmente a prendere sempre suo figlio sulle spalle dopo l’incidente del 2001.
IL CAMPIONE SU FAMIGLIA E PIANO DI ALLENAMENTI
Nella lunga chiacchierata che ha visto Alex Zanardi protagonista su Il Giornale – Off, il 51enne ha spiegato quale è stata l’importanza della sua famiglia e dell’educazione ricevuta per la sua formazione: “Mentre guardo la mia mano rivedo quella di mio padre: prima lo contestavo ma poi ho assorbito tutti i suoi consigli, anche sulle cose più semplici” spiega il diretto interessato che confessa che, tra i suoi allenamenti quotidiani e altri impegni, non riesce a dedicare alla propria famiglia tutto il tempo che vorrebbe: “Ma sono un uomo fortunato perché sono travolto da impegni che non cerco”. A proposito del suo piano di training, Zanardi ha ammesso che oramai, col passare degli anni, punta molto più sulla resistenza che non sulla forza, curando soprattutto “i dettagli che invece a vent’anni tendi a non considerare”. Il merito, a suo dire, è anche di un allenatore che lo segue costantemente e che sa aiutarlo: “Se ti chiami Zanardi ricevi più offerte di aiuto di quanto tu abbia bisogno” ammette candidamente il paraciclista che però ricorda anche che pure le componenti della fortuna e della preparazione tecnica, che a lui non manca, sono state fondamentali per permettergli di raggiungere certi risultati anche da disabile: “Prima dell’Olimpiade di Rio ho fatto carichi di lavoro adatti a un venticinquenne”.
IL PROGETTO “OBIETTIVO 3” E IL LEGAME COI SUOI FAN
Infine, l’intervista è anche l’occasione per Alex Zanardi di parlare anche dei suoi prossimi impegni e del rapporto che lega alle migliaia di fan che lo seguono, non solo durante le sue gare ma anche sui social network, dove è attivo grazie anche ai continui aggiornamento di una seguitissima fan page su Facebook: “Grazie alla mia Obiettivo 3 sto cercando di far sì che molte persone disabili diventino degli atleti: è la mia vocazione e ambizione, magari consentendo loro di qualificarsi pure per i prossimi Giochi Olimpici del 2020 a Tokyo” spiega il recordman emiliano che, invece, rievoca a proposito dei suoi aficionados un episodio risalente al 1996, quando partecipò a una gara a Mid-Ohio: “Mi ero messo a parlare con della gente dietro uno striscione che recitava ‘We hate Zanardi’: solo dopo un po’ mi hanno riconosciuto” ricorda il pilota, spiegando che è poi rimasto a bere assieme a loro e l’indomani, in gara, nonostante sfidasse un beniamino locale, la scritta del cartellone era stata modificata in “We love Zanardi”.