Nell’estate del 1969 mio padre mi portò al cinema in un’arena all’aperto, il film proiettato era Serafino con Adriano Celentano, uscito nel 1968. Mio papà spesso canticchiava le canzoni del Molleggiato, era per lui un mito insieme al “comunista” Claudio Villa. Il mito si tramandò di padre in figlio, tanto che ho qualche suo vinile d’epoca, molti cd e ho visto tutti i suoi programmi televisivi. Discutibili ogni tanto, ma Cele è Cele e non si tocca. Anche ora che ha 80 anni per me è sempre un mito.
Mi pare fosse il 1979, concerto a San Siro, palco al centro del campo. Allora l’erba era sacra, solo i calciatori la potevano calpestare. Cele scende dal palco e si avvia verso gli spogliatoi e cosa vedo? Agostino, ragazzotto mio amico quindicenne, l’unico in campo oltre alla band e alla security, che lo saluta con pacche sulle spalle. Penso che da allora non si sia più lavato la mano. Legato a questi ricordi vi parlo del film e della canzone La storia di Serafino, che spopolarono al cinema e alla radio.
E così la seconda storia
che vi voglio raccontare,
è quella del pastore Serafino!
al mondo antico, chiuso nel suo cuore,
la gente del duemila ormai non crede più!
Con le pecore e un cane fedele,
tre amici sempre pronti, nei pascoli sui monti,
a una spanna dal “regno dei cieli”
viveva felice così!
Serafino è un pastore abruzzese che vive con poco tra il suo paesello e i pascoli montani. Ignorante, analfabeta, viene considerato insufficiente mentale dall’Esercito italiano: alla domanda dell’ufficiale medico se ha dei sogni sessuali con la madre, Serafino gli mette le mani addosso. Torna tra i suoi monti, tra le donne che lo assalgono e a cui non si nega, e che per fortuna (dice Serafino) sono normali perché a loro piacciono gli uomini. Si divide tra la prostituta Asmara e la cugina Lidia, una giovanissima e bella Ottavia Piccolo. Ha una zia che lo sgrida perché odora di donna e gli fa recitare le preghiere prima di andare a letto.
Continua la canzone e il film
voce:
quel giovane pastore
piaceva alle ragazze
perché negli occhi aveva avventura!
E quando prese in pugno la fortuna
e un gruzzolo di soldi per caso ereditò.
coro:
si fece una grande festa
da fare girar la testa!
scoppiarono i mortaretti,
si fecero dei banchetti!
Per tutti ci fu un sorriso,
che giorni di paradiso
per il pastore ricco Serafino!
voce:
regalò qualche cosa agli amici,
che gioia nel paese
per quelle pazza spese.
Uno scialle, una radio, un coltello
e una macchina rossa per sé!
La cara zia muore e gli lascia casa e averi. Serafino si presenta con un auto americana decappottabile con regali, vino per tutti e fuochi artificiali. Asmara, con i figli avuti da varie relazioni, va a vivere nella casa della zia. Serafino spende e spande. Lo zio avaro, padre di Lidia, lo porta in tribunale per interdirlo e sottrargli l’eredità e poi combina il matrimonio con la figlia.
Continua la canzone
voce:
dopo i giorni dell’allegria
amaro resta il vino…
si trova in tribunale Serafino!
I suoi nemici per prendere i suoi soldi
lo fan passar per matto
e lui che fa!
Si riprende le pecore e il cane,
gli amici sempre pronti
e torna là sui monti,
nella casa più grande del mondo che soffitto e pareti non ha!
Al momento di dire il fatidico Sì con Lidia, Serafino si blocca e lo ritroviamo invece in chiesa con Asmara. Poi riparte pei monti.
La canzone termina e così anche il film:
voce:
ti voglio bene pastore Serafino!
Un uomo con il cuore da bambino!
Note sparse
Ecco, Cele anche se compie 80 anni me lo ricordo come dicono le ultime due righe della canzone. Un artista semplice, ironico, che si definiva il Re degli ignoranti, ma con una spontaneità disarmante. Spesso i sui sermoni scivolavano nel surreale, così come i suoi silenzi, ma ha sempre prevalso la sua umanità e la sua semplicità.
Il film è una commedia leggera, ma non priva di morale. Ma queste considerazioni le lascio a voi. Il regista Pietro Germi fu bistrattato per questo film dall’ala critica comunista del momento che si era dimenticata in fretta del contenuto particolare dei suoi film e dell’Oscar del 1963 per la miglior sceneggiatura originale. Per approfondire il cinema e le tematiche di Germi (controverse o no) consiglio il libro di Carlo Carotti “Le donne, la famiglia, il lavoro nel cinema di Pietro Germi”, consigliatomi da Elena Mosconi, docente di Storia della fotografia e del cinema presso l’Università di Pavia (musa ispiratrice che ringrazio).
Per i due concerti tenuti da Cele a Verona nel 2012 ringrazio il mio caro amico Ben che per tutte e due le serate mi aveva procurato una seduta invito con lui in prima fila. Peccato che me lo ha detto il giorno dopo i concerti. Infame, grazie di niente.