Ospite della puntata di stasera di “Che fuori tempo che fa” Amos Mosaner, il campione di curling, fra i più giovani della Nazionale Italiana, che con il suo tiro decisivo ha reso possibile la qualificazione della sua squadra alle olimpiadi invernali di PyeongChang in Corea Del Sud. Il campione, nel corso dell’intervista, si racconterà ripercorrendo le fasi più interessanti della sua carriera, ricordando soprattutto il momento in cui, dopo aver mandato a segno il suo tiro, è diventato una vera e propria celebrità. “Qualcuno mi invitava a casa per spazzare”, ha rivelato di recente Amos Mosaner, che raggiunto da Nicola Bambini per Vanity Fair ha ammesso inoltre che “lo scherzo ci sta”, dal momento che in italia questa attività sportiva è ancora poco conosciuta. La sua passione per il curling, in particolare, ha avuto inizio a Cembra, il suo paese natale: “Ci sono due campi dove mio papà mi portava da bambino. Lui era un giocatore, io già a 4 anni facevo i primi tentativi”.
LE OLIMPIADI INVERNALI IN COREA DEL SUD: “UNA RESPONSABILITÀ CHE NON CI SPAVENTA!”
Classe 1995, Amos Mosaner è il campione di curling che nel 2012 ha guidato la squadra mista azzurra ai Giochi Olimpici Giovanili di Innsbruck, dove la nazionale si è piazzata in seconda posizione dopo la Svizzera. La sua attività agonistica ha avuto inizio molto presto grazie al contributo di suo padre, fino a partecipare, all’età di otto anni, ad alcuni campionati misti: “Alcuni ragazzi della squadra maschile venivano sorteggiati per fare il campionato con le ragazze, una formazione mista. Io ero piccolo, non volevo andarci, ma sbagliavo”, ha raccontato il campione a Vanity Fair, aggiungendo inoltre che la squadra delle avversarie è poi riuscita ad avere la meglio. In questa particolare disciplina, ha rivelato Moraner, “le squadre miste ci sono fino a 14 anni, poi dagli juniores vengono fatte due categorie separate perché, anche se non sembra, in questo sport c’è molta fisicità”. Nelle sue parole, anche un augurio per le Olimpiadi invernali di PyeongChang: “E’ una responsabilità che non ci spaventa. Andiamo in Corea per giocarci una medaglia, non per passare il tempo”.