Scomparso nel 2012, Neil Armstrong rimarrà per sempre “il primo uomo sulla luna”. Il simbolo della più grande conquista della storia dell’umanità, colui che per primo mise piede su un corpo che non fosse la Terra, una impresa sognata sin dalla nascita dell’umanità. Due anni prima un giornalista italiano, Sergio Barocchetti, ebbe modo di incontrarlo casualmente alla fine di una sua conferenza che l’ex astronauta aveva tenuto a Las Vegas. Questa intervista, rimasta per qualche ragione inedita, appare oggi sul quotidiano La Verità, in occasione della prima visione al festival del cinema di Roma del film dedicato alla sua vita, First Man. Un uomo nonostante l’età in forma fisica che lui scherzando, diceva grazie all’essere rimasto con poco ossigeno per qualche tempo durante la passeggiata spaziale (“E’ l’ossigeno a ossigenarci”). L’intervista copre l’arco della vita di Armstrong, da quando cioè combatté a soli 20 anni nella guerra di Corea. Era pilota della Marina e partecipò a 78 missioni. Un giorno del 1951, racconta, doveva bombardare nell’entroterra una colonna di mezzi militari quando vide un gruppo di soldati disarmati che facevano ginnastica: non sparò, togliendo il dito dal grilletto, mi sono rifiutato di sparare a nemici disarmati.
DA DOCENTE A ASTRONAUTA
Poi da docente universitario venne coinvolto nel progetto Nasa (era l’unico civile gli altri tutti militari): “Durante i preparativi eravamo protetti da un cordone impenetrabile, nessuno seppe mai che sfuggii per un attimo a un disastro durante i collaudi del modulo lunare”. A bordo dell’Apollo 11 c’era un computer ovviamente, spiega, ma avevano imparato a usare le schede plastificate con i grafici e le formule in modo da caricare i dati anche senza computer. Alla fine il giornalista gli chiese un autografo su un libro di Eugene Kranz direttore della missione della Nasa. Lui vi scrisse come dedica una frase dello scienziato della Nasa David Hornig: “Andare sulla Luna equivale a pagare la prima rata di un’assicurazione per il futuro dell’umanità”.