La prima storia de Le Ragazze è quella di Sultana, vedova del professor Veronesi. Negli anni 40 è stata deportata insieme ai componenti di tutta la sua famiglia. Ai microfoni di Rai Tre, nel programma di Gloria Guida, si racconta: “Ho un nome molto strano, i miei provenivano dalla Turchia. Mio papà non voleva rimanere, ho cominciato l’università e mi sono iscritta a medicina. Quando studiavo mia madre si è presa un cancro alla testa. Andai a Torino dove c’era un giovane medico che ci disse come era la situazione. Conobbi un assistente volontario – si riferisce ad Umberto Veronesi – ci siamo innamorati ma lui non voleva figli, poi io mi stufai quando lui decise di andare in vacanza con una ragazza che lo amava. Io mi stavo per sposare, poi Umberto mi fece arrivare una sinfonia a casa, scesi e ci ritrovammo”. Sultana Razon Veronesi ha avuto sei figli, ha lavorato nel reparto pediatrico del Fatebenefratelli, che ha contribuito attivamente a creare. Poi i ricordi drammatici legati al Fascismo e al Nazismo. “Bambini che venivano lanciati in aria dai tedeschi e infilzati con dei coltelli….non so come abbiamo sopportato tutte quelle sofferenze. Si moriva per terra, sui letti. Chi era in alto nei letti e stava male, facendo i suoi bisogni, li faceva inevitabilmente su quelli sotto”. Sultana Razon Veronesi è ancora segnata da quei ricordi tragici: “Ci davano 189 calorie al giorno, un pezzettino di pane alla settimana con del grasso… che non sapevo che grasso fosse. Non so come abbiamo a sopportare tutto questo”. (Aggiornamento di Jacopo D’antuono)



L’intervista su Rai 3

Sarà Sultana Razon Veronesi, medico pediatra e vedova del Professor Umberto Veronesi, ad aprire la prima puntata de Le Ragazze. Il nuovo format di Rai 3 prenderà infatti il via con una storia di dolore e deportazione, che riaccenderà i riflettori sulle testimonianze di chi ha vissuto il dolore dell’olocausto. Era il 1943 e Sultana Razon Veronesi, ancora bambina, fu deportata, insieme alla sua famiglia, nel campo di concentramento nazista di Bergen Belsen. Oggi il ricordo di quei giorni rivivrà nelle sue parole, che prenderanno vita nel ripercorrere le atrocità di quei momenti di profonda sofferenza. Intervistata da Silvia Turin per CorriereTV, il medico ha ricordato quel periodo commentando le vicende della politica attuale, criticando aspramente le scelte di Donald Trump e le dichiarazioni più recenti del Ministro dell’Interno Matteo Salvini. A questo link è possibile visualizzare le sue parole. 



Sultana Razon Veronesi, “Quando siamo state divise dai nostri genitori, ci sembrava di crollare”

In una recente intervista condivisa da CorriereTV, Sultana Razon Veronesi, ospite questa sera de Le Ragazze, ha commentato aspramente la “linea di tolleranza zero” adottata dall’amministrazione Trump ai confini con il Messico, dove qualche mese fa centinaia di bambini sono stati separati dai genitori, la cui unica colpa era quella di cercare di entrare negli Stati Uniti. “Mi disgusta profondamente vedere questi bambini staccati dalle braccia della mamma, è una cosa immorale, è una cosa che non esiste, che non può esistere una cosa così”, ha ricordato il medico pediatra, che nel vedere quelle scene così atroci non ha potuto fare a meno di pensare alla sua vicenda familiare e alla deportazione vissuta nel corso della seconda Guerra Mondiale: “Io so la sofferenza che abbiamo avuto io, mia sorella, quando siamo state divise dai nostri genitori, ci sembrava di crollare, di non poter resistere neanche un momento”, ha ricordato la vedova del Professor Umberto Veronesi.



“Mi fa paura soprattutto l’atteggiamento di Salvini”

Sultana Razon Veronesi ha commentato il clima di odio che si respira nel nostro paese, sempre più spesso alimentato dalle parole di alcuni esponenti del mondo della politica. La vedova di Umberto Veronesi si è in particolare scagliata contro l’attuale Ministro dell’Interno Matteo Salvini, reo di utilizzare un linguaggio a tratti forti e spesso poco tollerante: “Ho paura, ho paura, mi fa paura soprattutto questo atteggiamento di Salvini con le mani qua (alla vita, ndr) e con il petto in fuori che dice delle cose che non stanno né in cielo né in terra. Non esiste”. Ricordando la sua esperienza nel campo di concentramento Bergen-Belsen, la vedova di Umberto Veronesi ha inoltre ripercorso il suo doloroso passato ricordando che “si parte dagli scalini più bassi e si arriva, se non vengono fermati in tempo, a degli eccessi che a noi sembrano improponibili e sono veramente disperanti”.