Ci si avvia verso una possibile svolta per il caso di Yara Gambirasio, la ragazzina che sarebbe stata uccisa da Massimo Bossetti. Condannato all’ergastolo, il muratore di Mapello ha continuato a sperare di poter dimostrare presto la propria innocenza. Il prossimo 12 ottobre infatti la Cassazione si esprimerà sulla sentenza già affrontata in due gradi di giudizio e metterà la parola fine sulla vicenda processuale. I difensori di Bossetti continuano intanto a lavorare senza sosta per smontare la famosa prova regina, avvalendosi anche dell’ipotesi che in realtà le tracce di DNA usate per risalire a Bossetti possano essere state contaminate durante i rilievi. “Crede nella giustizia”, ha sottolineato l’avvocato Claudio Salvagni a Gianlugi Nuzzi parlando di come il proprio assistito non abbia ancora perso del tutto le speranze.



Il caso verrà affrontato da Quarto Grado anche nella puntata in onda stasera, venerdì 5 ottobre 2018, analizzando i punti a favore e sfavore della difesa del muratore. Nel precedente appuntamento è stato trasmesso un filmato inedito girato il 26 febbraio del 2011 al campo di Chignolo d’Isola, data in cui la scientifica e le autorità hanno effettuato le prime analisi del luogo del ritrovamento. In particolare è stato individuato il lembo degli slip su cui è stato prelevato il DNA di Ignoto 1, spostato rispetto alla posizione originale durante l’operazione degli esperti.



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OMICIDIO YARA GAMBIRASIO, ECCO LA DIFESA DI MASSIMO BOSSETTI

La difesa di Massimo Bossetti continua a lavorare senza sosta per ribaltare il verdetto sul caso di Yara Gambirasio. La Cassazione potrebbe accogliere la richiesta dei legali del muratore di Mapello e scegliere di mettere un freno alla condanna all’ergastolo comminata nei primi due gradi di giudizio. Tutto dipende ancora una volta da quella prova regina che ha permesso agli inquirenti di individuare prima Ignoto 1 ed infine Bossetti grazie alle indagini su Giuseppe Guerinoni e Ester Azzurri, quest’ultima la madre dell’imputato. “Un dovere civile” secondo Carlo Infanti, consulente della difesa, riuscire a comprendere nel dettaglio che cosa potrebbe essere davvero accaduto il giorno dei primi rilievi su Yara. Essenziale perché venga restituita dignità alla sentenza, minacciata ai suoi occhi da alcuni errori gravi che non rispetterebbero le procedure delineate dal Codice penale. Nel suo libro Nel nome del popolo italiano, un volume raccolto da Giacomo Danesi, l’autore mette in discussione la condanna all’ergastolo assegnata a Bossetti in virtù della formula “al di là di ogni ragionevole dubbio”.



Senza nulla togliere alla qualità delle indagini sul delitto di Yara Gambirasio, che in base alle prove di Infanti, non può essere morta nel campo di Chignolo d’Isola. Un elemento portato all’attenzione dei giudici dai legali di Bossetti già nel giugno dell’anno scorso, collegato a quella fotografia satellitare scattata quasi un mese prima del ritrovamento del corpo della ragazzina. Una tesi opposta quindi rispetto a quanto individuato già dai giudici di primi grado che, come ricorda Rai News, hanno sottolineato come Bossetti avrebbe seviziato con un coltello la piccola Yara per poi abbandonarla nel campo a morire di freddo ed a causa delle ferite.