Quando i supereroi interessanti sono finiti puoi buttarti sui loro nemici. Lo sta facendo Dc Comics con il film su Joker lo ha fatto Marvel con Venom, film diretto da Ruben Fleischer dedicato al simbionte nemico di Spiderman, già visto in Spiderman 3. Ovviamente, nella necessità di serializzare il tutto, lo si affida a un divo come Tom Hardy e si cerca di renderlo un personaggio anti-eroico adatto a un pubblico più ampio.
A fare le spese del simbionte, o parassita extra-terrestre, è Eddie Brock, un reporter che per lavoro si trova a che fare con una grande industria scientifica che nell’ambito di viaggi spaziali è entrata in contatto con entità vive e pericolose capaci di rendere un uomo straordinariamente potente, ma anche di distruggerlo. Mentre il capo dell’azienda sperimenta senza scrupoli, Eddie viene infettato dall’alieno – la cui specie sta organizzando la colonizzazione della Terra – diventando Venom.
Basata sui fumetti Marvel di David Michelinie e Todd McFarlane, la sceneggiatura scritta da Jeff Pinkner, Scott Rosenberg, Kelly Marcel e Will Beall sembra voler recuperare la tradizione di un certo genuino B-Movie tra anni ’80 e ’90 – per esempio, quel piccolo cult-movie di L’alieno di Jack Sholder – immettendola in un prodotto a uso e consumo degli adolescenti, edulcorato della violenza originaria e reso accattivante dal binomio carisma macho del protagonista/umorismo sbruffone di stampo Marveliano.
Una volta che però hai privato un personaggio violento, considerato tra i cattivi più potenti dell’intero universo fumettistico, del suo lato oscuro, sostituito da siparietti virtuali sulle personalità scisse come una versione buffonesca del rapporto tra Hulk e Bruce Banner, e quindi reso Venom un cliché buono per vari usi, sta alla regia e al lato meramente cinematografico fare di questo un film che almeno stia al gioco dell’intrattenimento.
Ma Fleischer (un malinteso a partire dal suo esordio, Benvenuti a Zombieland) non sembra essere in grado di portare a buon esito nessuna delle sequenze spettacolari del film, distrugge con una cattiva gestione di spazi e montaggio – firmato da Alan Baumgarten e Maryann Brandon – il movimento del film e gli dà la parvenza di un brutto pilot televisivo, a partire dallo stile passando per la scansione delle scene fino alla recitazione.
Perché parrà strano, ma l’uomo a cui hanno affidato il peso dell’intero film, quel Tom Hardy che di Venom è anche produttore esecutivo, è uno dei principali difetti del film, non è mai credibile e va sempre fuori tono, tanto come presunto reporter (“Per essere uno sveglio sei proprio un imbecille”, lo apostrofa il suo capo: descrizione perfetta del tipo di recitazione improbabile) quanto come istrione comico. E se il one man show non funziona, a ruota lo seguono i comprimari e ne risente un impianto che si dimostra povero, rabberciato, senza anima. Nemmeno fosse quella luccicante e patinata dello spettacolo hollywoodiano.