Regia, sceneggiatura, fotografia e montaggio: Alfonso Cuaron ha curato ogni minimo dettaglio di Roma, vincitore del Leone d’Oro al Festival di Venezia 2018 e pronto a recitare un ruolo da protagonista agli Oscar. Ambientato tra il 1970 e il 1971 a Città del Messico, il film narra un frammento turbolento della vita di una famiglia borghese: tutto ruota attorno alla giovane domestica di origine mixteca Cleo (Yalitza Aparicio) che, insieme alla collaboratrice Adela (Nancy Garcia Garcia), lavora al servizio di una piccola famiglia del quartiere borghese di Roma. Sofia (Marina de Tavira), la madre, deve fare i conti con le assenze prolungate del marito, mentre Cleo deve fare fronte a delle notizie sconvolgenti che minacciano di distrarla dalla cura dei quattro figli della donna. Sia Sofia che Cleo lottano in silenzio contro i cambiamenti che penetrano fin dentro la casa della famiglia, in una mescolanza di classi sociali ed etnie che pervade un Paese scosso dagli scontri tra le milizie sostenute dal governo e gli studenti che manifestano…



A cinque anni di distanza da Gravity, thriller fantascientifico che ha raccolto record su record al botteghino, Alfonso Cuaron ha girato il suo film più intimo, un lungometraggio in bianco e nero dedicato alla memoria e anche alle donne. Roma è ispirato a figure femminili dell’infanzia del cineasta messicano, con il personaggio di Cleo basato su una persona reale, la bambinaia di Cuaron: una figura che prende le mosse dalle memorie del regista, dalle discussioni del passato e dall’amore nutrito nei suoi confronti. E Cuaron decide di non fermarsi alla bambinaia, spostando il suo punto di vista anche sulla Cleo donna.



Ma Roma non è solo questo: è anche un’esplorazione della gerarchia sociale del Messico, con un’indagine sui perversi intrecci tra classe ed etnia. Il Paese centro-americano diventa una colonna portante del film, con la famiglia di Sofia che cerca di mantenere il suo equilibrio in un periodo di conflitto personale, sociale e politico. È un film oggettivo, che non dà risposte, ma le lascia alla coscienza dello spettatore, chiamato a prendere posizione su una simbologia straordinaria. La sceneggiatura è da lezione di cinema: il regista di Y tu mamà tambien cura particolari e dettagli con maestria, in un’opera che distoglie l’attenzione dalla storia per concentrarsi sui suoi personaggi.



Come già sottolineato, Roma è girato in bianco e nero, con la declinazione delle varie sfumature di grigio a contribuire all’emozione degli spettatori, traducendosi sullo schermo in sentimento. Non parliamo di un bianco e nero storico, ma di un bianco e nero contemporaneo e digitale, senza luce stilizzata od ombre lunghe. Numerosi e molto lunghi i piani sequenza: una scelta che si lega al desiderio di Cuaron di fare un viaggio nella sua memoria, osservando quei momenti in profondità.

Una menzione particolare per l’interpretazione di Nancy Garcia Garcia e Marina de Tavira, protagonista di uno dei migliori film del 2018: di sicuro il migliore targato Alfonso Cuaron, da non perdere per alcun motivo al mondo.