Il Torino Film Festival 36 è giunto alla conclusione ed è tempo di trarre un bilancio su quest’ultima edizione. A trionfare nel concorso principale è stato Wildlife di Paul Dano, un’opera prima di buon livello ma non eccelsa: un esordio interessante e promettente dietro la macchina da presa per il noto attore. Nella sezione Torino 36 sono stati diversi i lungometraggi degni di nota, a partire da The Guilty di Gustav Moller: candidato al premio Oscar per il miglior film in lingua straniera, il thriller danese è riuscito a conquistare il pubblico per la sua capacità di permettere allo spettatore di immedesimarsi nel suo protagonista, un poliziotto confinato in una centrale e a caccia di un fuggitivo… Tra opere prime/seconde coraggiose, come Bad Poems di Gábor Reisz o Nos Batailles di Guillaume Senez, e deludenti, come l’atteso Ride di Valerio Mastandrea e il filippino Nervous Translation, il concorso principale si è confermato fucina di talenti e di piccoli bijoux: basti pensare che da qui sono partite le avventure di registi del calibro di Pablo Larrain e Jennifer Kent…
La sezione Festa Mobile ha offerto al pubblico la possibilità di vedere lavori presentati nei festival di tutto il mondo oppure in anteprima assoluta e, anche in questo caso, facciamo i conti con gioie e dolori. The Front Runner di Hugh Jackman e Colette di Wash Westmoreland meritano particolare attenzione in vista degli Oscars 2019, mentre hanno soddisfatto le aspettative sia Ash is purest white del cinese Jia Zhangke o ancora il biopic Blaze diretto dal sempre originale Ethan Hawke. Escluso Ovunque Proteggimi di Bonifacio Angius, un road movie in salsa sarda che emoziona e che vanta un’ottima regia, i film italiani hanno tutt’altro che convinto: Santiago, Italia di Nanni Moretti è parso esageratamente autoreferenziale, se non militante, mentre Il gusto della libertà – Cinema e ’68 di Giovanna Ventura sembra fatto unicamente per un passaggio su Rai Storia… Menzione particolare per il coraggiosissimo La Flor di Mariano Llinás: un film, sei storie, un labirinto di personaggi che vanno per conto loro e s’incontrano solo nella logica disorientata dell’autore per la bellezza di 813′ (sì, 813′: 14 ore circa).
Segnaliamo altri due film, entrambi presentati nella sezione After Hours: il rivoluzionario High Life di Claire Denis, regista che si conferma ancora una volta tra le migliori in circolazione, e il finlandese Heavy Trip di Juuso Laatio e Jukka Vidgren, una sorprendente commedia con peripezie quasi demenzial-surreali. Da premiare il coraggio della direttrice Martini e dei suoi collaboratori nel presentare pellicole estremamente ambiziose e oltre il distopico, con un sincero passo in avanti nella qualità dei film del concorso Torino 36. Qualche dubbio sui premi assegnati, ma ora i film sono attesi dall’esame più importante: la sala e il pubblico…