Al Bano e Matteo Salvini hanno parecchie cose in comune (a parte le origini, s’intende). In primis, l’affetto per il made in Italy, lo stesso che li porta a incontrarsi durante la giornata di giovedì. “Ci sono questi tre signori cinesi – uno è un ex governatore di una regione, l’altro un imprenditore ormai italianizzato e il terzo è il capo della Google cinese – che con me coltivano il progetto di intensificare la presenza dei vini italiani in Cina. Io produco vini e loro li vendono in Cina”. E allora Salvini lo invita, per discutere – tra le altre cose – anche di brand e imprenditoria. Può poi capitare che si viri su Gabry Ponte e Fabrizio De André, ma è un effetto del tutto collaterale. Insieme cantano pure una canzone di Al Bano: Nel sole. Ma Salvini non fa una bella figura, dal momento che è un po’ troppo esitante.



Al Bano come Matteo Salvini

Prima si accennava al made in Italy e all’Italia; è appena stata approvata l’autonomia speciale di Lombardia e Veneto, che segna un primo distacco tra le regioni del nord e quelle del sud. “No!”, protesta Al Bano sul Messaggero, “Mi auguro non sia così, star a parlare ancora di Sud e Nord nel 2019 è inutile. Se Garibaldi o Camillo Benso conte di Cavour hanno fatto l’Italia unita, perché lavorare per disunirla?”. Spostandoci un po’ più a est, il cantante ammette di apprezzare Putin. Ed ecco un’altra cosa che ha in comune con Salvini: “Questa storia delle sanzioni proprio non sta in piedi, vanno assolutamente abolite. Che senso hanno, quando basta spostarsi a Minsk per vendere e comprare le stesse cose?”.



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