Nonostante si tratti della prima produzione Netflix natalizia italiana, nonostante sia ispirato a una commedia inglese (“Out of order” di Ray Cooney) che ha riscosso un certo successo in patria ed è stata riproposta e adattata anche in altri paesi, nonostante sia dedicato a Carlo Vanzina, Natale a 5 Stelle è un film che convince poco.
Cominciamo a spiegare di cosa parla. Il Premier italiano Franco Rispoli (Massimo Ghini) nella settimana di Natale è costretto a partecipare a una missione in Ungheria per la firma di alcuni accordi bilaterali. Ad accompagnarlo c’è il suo segretario Walter Bianchini (Ricky Memphis) e della missione istituzionale fa parte anche la deputata dell’opposizione Giulia Rossi (Martina Stella). Più che i contratti da firmare, il Presidente ha però in mente di trascorrere alcune notti a letto con la bella avversaria politica con cui ha programmato finalmente di consumare. I programmi dei due vanno però a monte quando si accorgono che alla finestra della stanza che doveva essere la loro alcova c’è il cadavere di un uomo vestito da Babbo Natale.
Seguono una sfilza di equivoci con l’arrivo dei coniugi dei due politici fedigrafi (Massimo Ciavarro e Paola Minaccioni), l’ingresso in scena dell’ex badante della madre di Bianchini (Andrea Osvart, bella modella e attrice ungherese che ha procurato i diritti della commedia di Cooney ai fratelli Vanzina), la comparsa di un giornalista delle Iene (Riccardo Rossi) a caccia dello scoop in grado di far cadere il Governo e il coinvolgimento del cameriere napoletano (Biagio Izzo), interessato solo alle laute mance.
I riferimenti all’attualità politica sono molto forti, anzi potremmo dire “volutamente voluti”. Non solo nel titolo che può riferirsi sia al Movimento 5 Stelle che al lussuoso albergo a 5 stelle di Budapest dove soggiorna il Premier. Rispoli, infatti, riceve telefonate sia da Salvini che da Di Maio, la Rossi è una deputata del Pd, suo marito è un leghista, si parla anche di Forza Italia e si evoca persino il Bunga Bunga berlusconiano. Enrico Vanzina è stato poi chiaro, in un’intervista a Repubblica, nel dire che insieme al fratello aveva pensato che per rendere italiana “Out of order” fosse necessario contestualizzarla “con la nuova politica di oggi, con i nuovi politici”.
La contestualizzazione sembra riuscita, ma a parte questo il film non riesce a divertire. Non solo perché molta della prima parte si svolge in una camera d’albergo come se fossimo negli spazi stretti di un palco teatrale (da dove la commedia di Cooney arriva del resto), ma perché gli espedienti che dovrebbero far ridere sono piuttosto datati (valga per tutti il classico della traduzione in un’altra lingua che fa apparire lunghissime frasi di poche parole o viceversa riduce a poche sillabe discorsi articolati). Il che per una commedia non è certo il massimo.
“Come 35 anni fa Vacanze di Natale erano una fotografia dell’Italia di allora, anche questo film racconta l’oggi, se nel 2050 qualcuno lo rivedesse capirebbe molto del momento che stiamo vivendo perché è nel dna della commedia raccontare il potere”, ha aggiunto Vanzina nella sopracitata intervista. È vero, Natale a 5 Stelle non risparmia colpi (frecciate o bordate che siano) al mondo politico, anche a quello che si presenta come “nuovo”, ma poi alla fine è tale e quale se non peggiore del “vecchio”. Il problema non è solo che questa non appare nemmeno una commedia “di denuncia”, ma è che se Vacanze di Natale poteva essere considerato una fotografia dell’Italia, quella che ne esce da Natale a 5 Stelle è quella di un Paese marcio, corrotto, opportunista, senza vergogna o dignità, non solo nei suoi apparati di potere (vedasi come si comporta il cameriere italiano). Siamo sicuri di essere realmente così?