Incredibile dictu!

Non sappiamo dirvi se è pittoresco, grottesco o rocambolesco, ma l’Unesco ha iscritto i “muretti a secco” nella lista degli elementi immateriali dichiarati Patrimonio dell’umanità. Due domande, però, germinano spontaneamente dai nostri intelletti di media cultura: cosa sono i muretti a secco? E soprattutto, come funziona l’Unesco?



Volete una risposta così sui due piedi? Ok, tranquilli, non vi lasciamo a secco di risposta. Perché il nostro amico Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché ha rubacchiato risposte (e patrimoni) qua e là per tutto l’orbe terracqueo, è a portata di cellulare, e per natura non è tipo da lesinare appropriato aiutino se e quando se ne presenta la necessità. Come, appunto, in questo caso. Allora, Zinga?



“Partiamo dai muretti a secco – ci risponde in modo secco venendo in soccorso alla nostra ignoranza -. Si tratta di un’antica pratica rurale, un particolare tipo di muro costruito con blocchi di pietra opportunamente disposti e assemblati, senza uso di leganti o malte di alcun genere. L’importante è non confonderli con i muletti a secco, che altro non sono se non carrelli elevatori rimasti senza corrente elettrica, senza benzina o senza diesel”.

E due parole sull’Unesco… ce le dici? “Certamente. Unesco – ci spiega con accento toscano, pronunciando la “e” aperta” – non è l’espressione di un pisano freddoloso e indolente che preferisce rimanere al caldo delle mura domestiche piuttosto che uscire alle intemperie di un gelido inverno. Si tratta, come molti di voi sanno e voi due ovviamente ignorate, di un’istituzione intergovernativa delle Nazioni Unite, nata ufficialmente il 4 novembre 1946 a Parigi con lo scopo di preservare il patrimonio culturale e artistico di tutto il mondo e contribuire alla pace e alla sicurezza promuovendo la collaborazione tra le Nazioni attraverso l’istruzione, la scienza e la cultura onde garantire il rispetto universale della giustizia, della legge, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che la Carta delle Nazioni Unite riconosce a tutti i popoli, senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione”. Urca! Per dirla alla maniera del conte Dracula, caro Zinga, “tu succhi cultura con piglio vampiresco!”…



Ma quali sono gli obiettivi principali dell’Unesco? “Il programma è gigantesco: la promozione delle diversità culturali, del dialogo tra popoli e dello sviluppo sostenibile e l’organizzazione di progetti scientifici e scolastici per i Paesi in via di sviluppo”. Mitico! Un affresco dell’Unesco davvero… zingaresco!

E come funziona l’Unesco? “Che quesito fanciullesco! Il meccanismo dell’Unesco è affatto dilettantesco: le varie nazioni in tutto il mondo possono presentare regolare domanda all’Ufficio Innesco, che ha appunto il compito di accogliere e avviare la pratica; la quale viene inviata all’Ufficio Poliziesco, cui spetta l’indagine preliminare, dal quale poi le pratiche escono solo se avallate dall’Ufficio Avvocatesco, che rappresenta l’ultimo grado di giudizio. Da ultimo, l’Ufficio Arabesco informa ufficialmente l’ente richiedente con un preziosissimo documento vergato in caratteri calligrafici e geometrici di rara eleganza. Al termine di questo iter, per nulla cialtronesco, si entra di diritto nel novero dei Patrimoni dell’umanità dell’Unesco”.

Zinga, c’è altro che dobbiamo sapere? “Beh, recentemente anche il reggae è diventato Patrimonio dell’umanità. Un genere musicale nato in Giamaica, e considerato la voce degli emarginati di Kingston, è stato reso celebre da Bob Marley, fino ad assurgere all’imperitura consacrazione dei nostri giorni”. Se pensiamo al reggae, ci verrebbe da dire: Bob Marley e la Giamaica aspiravano proprio a tal riconoscimento?

A questo punto, rilanciamo: visto che nel tuo campo sei un’autorità assoluta, avresti qualche consiglio da dare ai simpatici scavezzacollo dell’Unesco, così che si possa aggiungere qualche idea da immortalare per i posteri? Noi avremmo pensato alla pizza…

“Ma, cari miei, c’è già! E a dire il vero – ci confida lo Zinga – è stato un riconoscimento dell’Unesco un po’ ruffianesco verso l’Italia. Comunque, considerato il modo banditesco con cui mi avete sollecitato, rispondo, con tono furbesco, proponendo a voi che vi piccate di esser umoristi qualche spunto… clownesco. Io, dunque, suggerirei all’Unesco la pendenza della Torre di Pisa (esempio di equilibrio birbantesco), i buchi del groviera e il tanfo del gorgonzola (entrambi di stampo formaggesco), Castruccio Castracani (ha un nome così boccacesco!), le banche (c’hanno dentro un bel patrimonio, non so se a spiegarmi riesco…), il sacramento del matrimonio (non foss’altro per la rima con patrimonio), Monica Bellucci (un gran bel pezzo di… patrimonio), la Champions League (più patrimonio dell’umanità di così…), la canzone “Volare” (ha avuto un successo pazzesco) e il Barbaresco (che per me, infatti, è “il vino dell’Unesco”). Ma qui giunti, la carica del cellulare è in disinnesco, perciò da questo articolo sull’Unesco, con passo bersaglieresco, ora… esco”.