Toto Cutugno si è raccontato intervistato dal Corriere della Sera. Il suo cognome è napoletano ma il cantante arriva alla Sicilia: “Mio padre Domenico era di Barcellona Pozzo di Gotto. Quindi io mi chiamo Cutugno, Salvatore Cutugno”. Nato a Fosdinovo (in provincia di Massa Carrara) 75 anni fa, racconta che i genitori si trovavano lì perché il padre era un sottoufficiale della Marina e lavorava a La Spezia: “Aveva la passione per la tromba e faceva parte della banda musicale comunale. È stato lui ad avvicinarmi alla musica: il tamburino, la batteria, il pianoforte, la fisarmonica. Mia madre Olga, invece, era toscana. Donna piena di attenzioni, ma severa”. Una famiglia normale e felice, fino ad un certo punto. Le disgrazie infatti, colpirono anche loro. “Ho visto morire mia sorella Anna, la più grande, sotto i miei occhi, soffocata. Stava mangiando gli gnocchi e uno le andò di traverso. Aveva 7 anni, io 5. Pochi mesi dopo nacque mio fratello Roberto, a cui voglio un bene dell’anima, che si ammalò di meningite e da allora, come previde il medico, ha avuto una vita agitata. E poi l’altra mia sorella, Rosanna, che è stata la prima bambina a essere operata al cuore in Italia, a Torino. Papà si indebitò per quell’intervento. Che finì di pagare a rate nel 1978, due anni prima di morire”.
Toto Cutugno, tra successo e critiche
Toto Cutugno, per certi versi ha portato la musica italiana nel mondo. Ed infatti “L”Italiano” insieme a “Volare” e “‘O sole mio”, rappresenta il nostro belpaese. Più di 300 canzoni all’attivo e collaborazioni con i più grandi cantanti degli ultimi 40 anni in musica. Da Adriano Celentano a Ray Charles, per citare solo due nomi. Nonostante questo, nel corso della sua carriera è stato spesso criticato, per quale motivo? “Mi avessero solo criticato… Mi hanno definito un ruffiano, uno che cerca di vincere facile facendo leva sulle emozioni. Mah! Io penso solo di essere autentico. Per me, una canzone può essere più semplice o più difficile, più bella o meno bella, mai però qualcosa che io non senta e non viva dentro di me”. Una accusa proprio di questo tipo, gli è stata rivolta anche quando ha presentato a Sanremo 1987, la canzone dal titolo “Figli”, poi arrivata seconda. “Questa canzone dice: “Figli del Duemila/ bianchi e neri tutti in fila/ per un secolo migliore”. Trent’anni fa. Ruffiana o anticipatrice?”.
Ecco come è nata L’Italiano
Toto Cutugno è stato anche uno dei due italiani a vincere un Eurofestival, a Zagabia nel 1990, un anno dopo la caduta del muro di Berlino: “Sì, con un brano “europeista”, “Insieme 1992”. Perché credevo, e lo credo ancora, che l’Europa non vada sfasciata, ma fortificata. Ruffiana anche quella canzone?”. Poi racconta che L’italiano è nata in Canada, a Toronto. “Quella sera, io mi ero esibito in teatro davanti a 3.500 persone e ricordo che a un certo punto realizzai che quei 7.000 occhi che mi guardavano erano tutti occhi di italiani. Pensai: scriverò una canzone per questa gente”. Il pezzo inizialmente sarebbe dovuto essere cantato da Adriano Celentano, ma lui rifiutò: “Ci gelò: non ho bisogno di dire che sono un italiano vero, disse, perché io lo sono già”. Quindi nel 1983, la canzone è stata presentata per Sanremo e la canzone arrivò al quarto posto nel voto della giuria e al primo nel voto popolare. Dieci anni fa, la scoperta di un cancro che le è costato un rene. Ed oggi confessa di non avergliela data vinta: “Ho combattuto e sto meglio. Il 17 dicembre riprendo con un concerto all’Olympia di Parigi. In Francia mi amano”. E la Cutugno-mania in Russia, come se la spiega? Toto la definisce sorprendente ed emozionante: “Ma è così anche in Ucraina, Albania, Polonia, Georgia, Azerbaigian, Kazakhstan, Egitto, Israele… Credo che la canzone, la melodia, la lingua italiana abbiano un fascino insuperabile”.