Clint Eastwood torna sul grande schermo raccontando l’attentato terroristico del 21 agosto 2015, sventato a opera di alcuni passeggeri, sul treno Thalys 9364 dell’omonima compagnia diretto da Amsterdam a Parigi. Il regista opta per una soluzione davvero innovativa: mette in scena il racconto attraverso gli occhi dei protagonisti del gesto eroico che ha salvato migliaia di vite. Ma non è una biografia, un semplice racconto di persone ordinarie tramutatesi in eroi, tema caro a Eastwood. Sono proprio Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos, infatti, a interpretare loro stessi, perché, come dice orgogliosamente in un’intervista lo stesso regista, nessuno meglio di loro avrebbe potuto rendere così bene l’idea dell’accaduto. 



La recitazione di tre soggetti completamente estranei al mondo del cinema non stona con le performance da professionisti a cui il grande schermo ci ha abituato, come invece ci si potrebbe aspettare. A deludere le aspettative è, però, il film stesso: Ore 15:17 – Attacco al treno è tutt’altro che coinvolgente. È una sorta di romanzo di formazione che si concretizza in una lunga presentazione dei protagonisti, in particolare di Stone, a cui non segue un’effettiva trama. Non si pone l’accento sull’impresa straordinaria che compiono, non si sottolinea come l’intervento su quel treno abbia salvato migliaia di vite e ci si sofferma molto poco, dal punto di vista temporale, sul fatto in sé. 



La maggior parte del film è un lungo flashback che racconta l’infanzia dei tre, con un malcelato patriottismo americano esasperato che sfocia in una quasi ossessione per la vita militare, dall’ufficio del preside, dove i ragazzi si conoscono, fino alla lotta di Stone per entrare nell’esercito. Si continua con la narrazione di un vacanza “on the road” dei tre che, riunitisi dopo tempo, decidono di andare in Europa. Viaggiando tra Roma, Venezia e la Germania, giungono fino ad Amsterdam, dove prenderanno il fatidico treno. 

Inutile dire che le scene in questione sono una lunga narrazione stereotipata dei tipici turisti americani in vacanza in Italia, connotata da una sceneggiatura che lascia molto a desiderare. Il fatto che dovrebbe essere il fulcro del film occupa una mezz’ora scarsa. L’attentatore e il carico micidiale di armi in suo possesso passano quasi in cavalleria. Ci si aspettava quantomeno un po’ più di enfasi e pathos, da buon film action americano che si rispetti, tanto più visto che si dovrebbe elogiare il coraggio e l’eroismo dei tre giovani. Invece le scene salienti sono veloci e caratterizzate poi da una irreale calma dei protagonisti e dei passeggeri del treno: sembra quasi sia tutto normale. 



Complice, forse, dell’illusione svanita è il titolo italiano che cita un “attacco” al treno, diversamente dalla dicitura originale che si limita a The 15:17 to Paris. I tratti tipici del thriller/action che ci si aspetta non ci sono. Si attende per tutta la durata del film il momento eroico che, però, è scialbo. Forse non era questo l’intento: l’attentato sventato appare, infatti, come la parentesi di una pellicola tutta incentrata sulle figure dei protagonisti, tanto che si sarebbe potuto optare per un titolo con molte meno pretese. 

L’idea di mettere in scena i personaggi stessi è innovativa, per nulla banale né mal riuscita. Peccato però che la riflessione di Eastwood sul tema del coraggio e dell’esempio di sacrificio sia resa in maniera troppo rigorosa e poco avvincente. Il cinema-realtà che piace così tanto e che il regista era stato in grado di mettere sapientemente in scena con Sully e American Sniper qua subisce una grave caduta di stile. 

A restituire quel senso di solennità e di orgoglio che manca durante tutto lo svolgimento è la scena finale, che affianca alla pellicola le riprese vere del momento in cui il presidente francese Holland insignisce i tre dell’onorificenza della Legione d’onore. Un film potenzialmente roboante si riduce a una pellicola estremamente noiosa. Se lo scopo era fare riflettere sul coraggio e sulla possibilità di essere protagonisti e artefici della propria vita, di certo la visione del film non gli rende giustizia.