“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, / le cortesie, l’audaci imprese io canto […] che si diè vanto / di vendicar la morte di Troiano / sopra re Carlo imperator romano”. Questo l’incipit dell’Orlando furioso, capolavoro della letteratura italiana e tappa obbligata dello studio dei classici. Mai titolo fu più azzeccato: poco importano “arme” e “amori” (non ricambiati), Orlando sarebbe furioso in ogni caso. Perché tra vendette, sangue e duelli, il peggio è che possano citarti in una fiction Rai. Questo sì, che è un dramma epico. L’Orlando e l’Angelica di È arrivata la felicità sono quanto di più banale vi sia in circolazione. Epos e romanzo sono niente, dinanzi alla straordinaria ordinarietà della narrazione. E se voleva essere un omaggio, Ivan Cotroneo ha fallito miseramente.



Proviamo con una metafora: tutto fa brodo. Pur di allungarlo, Cotroneo & Co. l’hanno presa alla lettera. Perché, allora, non buttarci dentro qualcos’altro? Ma razzismo e omosessualità sono già stantii. Meglio il pepe della malattia, per accontentare gli amanti del genere, bongustai dell’immedesimazione. Tutto procede secondo copione (o era la ricetta?). Pandolfi e Santamaria sono bravi in cucina, ma la fiction non è il loro piatto forte. Lo staff non aiuta: “Dovete ritrovare l’intimità”, intonano in coro a Orlando e Angelica, e il momento macchietta è servito.



Prossima portata: la crisi economica. La cenetta romantica dei due sposini (no, conviventi) è interrotta sul più bello: le luci si spengono, perché lui non ha pagato la bolletta. Il lume di candela, in tal caso, è più che appropriato. Il contorno ideale? La crisi di coppia e le scuse di Angelica: “Domani ho un convegno”, dice, aggiungendo una serie di dettagli non richiesti. “Non è un buon segno”, commenta Orlando, “un uomo certe cose le sente”. Stereotipo docet: ma non erano le donne?

Umberto e Laura sono i commensali del tavolo accanto. Il loro è un amore adolescenziale, prêt-à-manger dei giovani spettatori. Lui è il saggio della coppia: “Quando si va troppo d’accordo, ci si fa compagnia e basta. L’amore è un’altra cosa”. È così che i due si prendono una pausa, e Martina fa da terza incomoda: ecco l’antagonista della storia. La chiosa ideale (e idealistica) è affidata a Tiziano Ferro. È un bel salto di qualità, da Ludovico Ariosto. No?