È stato quasi interamente girato in un bellissimo chalet di montagna il secondo film di Christian Marazziti, intitolato Sconnessi. Nella villa circondata dalla neve si trova a passare un weekend la famiglia allargata di Ettore, che ha il volto di Fabrizio Bentivoglio. L’attore interpreta efficacemente un noto scrittore, arci-nemico di tutto ciò che è digitale. Com’era facile prevedere dal titolo, questa eccentrica famiglia si trova appunto sconnessa dall’amato Wi-Fi, e i suoi membri saranno costretti a interagire tra di loro. Ecco quindi che il filma intreccia i dissidi tra i figli di primo letto di Ettore: Claudio, interpretato da Eugenio Franceschini, il quale per vivere gioca a poker online, e Giulio, con il volto di Lorenzo Zurzolo. I due giovani disprezzano il padre per aver lasciato la madre, e si vendicano indirizzando feroci frecciatine verso la bella Margherita, la quale aspetta una figlia da Ettore. Margherita viene ben tratteggiata ed è proprio attorno a lei, interpretata da Carolina Crescentini, che il regista costruisce molte delle scene del film.



Oltre alla parte cupa legata agli psicodrammi dei ragazzi con il padre, Marazziti inserisce i due fratelli di Margherita, a cui affida il difficile compito di gestire i momenti ironici e rilassanti. Il primo fratello è il meccanico Achille, interpretato da Ricky Memphis, il quale con battute ciniche e continue figuracce, in contrasto con la cultura di Ettore, regala sincere risate al pubblico. Il secondo fratello è il prorompente Stefano Fresi, che interpreta un bipolare Palmiro.



La trama è ingarbugliata e spesso non dosata bene per quanto riguarda gli spazi da dedicare ai singoli attori. In particolare mi riferisco ai giovani del film come Giulio e Stella, interpretata dalla convincente Benedetta Porcaroli. I due infatti corrono il rischio di essere un po’ stereotipati: lei come quella che sente solo Fedez, lui come un fissato di app e senza una vera vita sociale.

L’elemento che salva il film però, oltre alle battute politicamente scorrette di Ricky Memphis, è il fatto che il regista non abbia la pretesa di giudicare o fare prediche indirette. Marazziti si limita a mostrare una realtà familiare tanto complessa quanto incasinata e interessante. Non si mostra quindi moralista nel giudicare il rapporto tra il colto e ormai anzianotto Ettore, con la più giovane e proveniente da una famiglia di “pesciaroli” Margherita; allo stesso tempo la sua macchina da presa non tratta con disprezzo Palmiro e nemmeno i due giovani innamorati. Si potrebbe dire che tratteggia diversi aspetti interessanti, sconnessi a volte tra loro, ma in ogni caso meritevoli di attenzione.



Forse l’aspetto più debole del film, quello del suo frazionamento in tematiche e spunti di riflessione, nasconde anche la sua forza: quello di affidare allo spettatore il compito di ri-connettere i pezzi della (sua) vita. Non voglio però correre il rischio di cadere io nella trappola del giudizio pesante, e preferisco lasciare questa mia riflessione abbozzata, anzi sconnessa.