Giulio Andreotti è alla guida del suo quarto governo quando viene diffusa la notizia del rapimento di Aldo Moro. Pagine buie della cronaca e politica italiana, che gettano nell’oscurità gli anni Settanta del nostro Paese. Sostenuto dal PCI, quella di Andreotti è una delle figure centrali del governo di quegli anni, al fianco di Francesco Cossiga, e fra chi è chiamato a gestire la trattativa con le Brigate Rosse. Un dialogo scottante, che si aggrava ancora di più quando Moro annuncia tramite i suoi memoriali di voler tentare il tutto per tutto pur di ottenere la libertà che gli è stata tolta, persino svelando alcuni segreti di Stato che colpirebbero non solo l’Italia, ma anche gli USA. Questa sera, giovedì 10 maggio 2018, M di Michele Santoro ripercorrerà la vicenda di Aldo Moro anche dal punto di vista di Giulio Andreotti, che nel docudrama verrà interpretato da Remo Girone. Andreotti è inoltre la proposta che Moro farà per la guida dello Stato, sicuro che avrebbe potuto fare la differenza a Palazzo Chigi e promuovere quella flessibilità che lo statista sottolineerà nel suo ultimo discorso pubblico, avvenuto sedici giorni prima del proprio rapimento. Una fiducia che verrà avvallata dal partito di Berlinguer solo quando il sequestro Moro è già una realtà di fatto, come ricorda La Provincia del Paese. 



Il ruolo di Andreotti nelle trattative

Andreotti diventerà cruciale per il fallimento dello Stato nelle trattative con le Brigate Rosse per il sequestro di Aldo Moro e nell’individuare in Parigi il nucleo dello sviluppo terroristico che finanzia i piani di eversione grazie ai sequestri politici. Lo affermerà lo stesso Andreotti nel 1974, durante un’intervista per Il Mondo, e che verrà in seguito tacciato dal pentito e boss Tommaso Buscetta come colui che ha chiesto i favori della Banda della Magliana per mettere a tacere il giornalista Mino Pecorelli. Nelle sue rivelazioni, il boss riferirà infatti, come ricorda Linkiesta, che la mafia avrebbe deciso di tappare la bocca al direttore dell’Osservatore Politico per fare un favore ad Andreotti, che in quei mesi era fin troppo preoccupato che Aldo Moro avesse rivelato tramite i suoi scritti, finiti nelle mani del giornalista, alcune informazioni scottanti sia sulla propria detenzione sia sulle mosse segrete dello Stato. Con la Guerra Fredda alle spalle, in quegli anni Aldo Moro riesce a dare una svolta a una politica polverosa, a una democrazia altrimenti statica. Ed è anche per questo che vedrà in Andreotti la figura giusta per portare avanti una pulizia radicale in ambito politico. E invece, come rivelato da Ferdinando Imposimato, diventerà significativo per premere il grilletto delle pistole in mano alle Brigate Rosse, al fianco di Nicola Lettieri, sottosegretario, e Francesco Cossiga, all’epoca Ministro degli Interni. Sarà questo il risultato dell’inchiesta del giudice sul caso Moro, con cui denuncerà una connivenza fra Stato, Brigate Rosse e Servizi Segreti, il tutto collegato anche alle stragi di via D’Amelio e Piazza Fontana. 

Leggi anche

Stefano Andreotti: "Addolorato dalle parole di Rita Dalla Chiesa"/ "Uno schiaffo alla memoria di mio padre"SCUOLA/ "Ius scholae" e Galli della Loggia, a chi giova perdere tempo in falsi problemi?