L’Eurovision Song Contest 2018 si apre con un mini tour di Lisbona. I conduttori [Federico Russo e Serena Rossi, N.d.R.] sono in trasferta fuori dallo studio. Segue riepilogo delle varie partecipazioni Azzurre: quello del duo è un format già visto, con i Raf e i Tozzi d’annata. Ma Meta e Moro sono tutta un’altra storia. Poco patriottica la cartolina, come poco patriottica è la loro musica. C’è tanto estero; poca Italia. Sono lontani i tempi di Cotugno e Il Volo. È l’italianità, che piace all’estero. In altre parole: lo stereotipo. Sarà per questo che con la giuria è un flop completo. Va meglio solo il televoto, che permette all’Italia di conquistare il quinto posto. Vince Netta Barzilai (Israele): i suoi look, tra il pucchiano e il pacchiano, sono un vero marchio di fabbrica. Netta si acchitta (no: hellokitta) con kimono variopinti e nastri glitterati; chignon messy e smoky esagerati; gioielli dorati e borsette di paglia. La performance è frizzante: alla console, Netta dà il meglio di sé. Ma non chiamatela superficiale: “La mia è una canzone contro la violenza”. Ebbene, il germe femminista ha attecchito anche a Lisbona.
Mariza, cantante di fado portoghese, inaugura la finale. Poi i Beat Bombers, coppia di dj che gioca in casa. La sfilata delle bandiere è accompagnata dal loro mash-up. Ampia la varietà di stili, tanto musicali quanto modaioli. Spiccano Bulgaria, col Caschetto alla Lady Gaga, e Germania, con la curly edition di Ed Sheeran. Le conduttrici sono quattro: Ruah, Alberto, Furtado e Cautela. L’accento è bocciato. Poco male: questo Eurofestival si presenta da solo. Melovin (Ucraina) è il primo in scaletta. Under the Ladder è il tipico inedito del vincitore di un qualsiasi talent. E infatti… “Melovin ha vinto X Factor”, spiega Russo. Quella della Spagna è una ninna nanna romance. Anzi: la colonna sonora di una telenovela.
La Lituania si mette in gioco con la brutta (o bella) copia di Francesca Michielin. Lo scrivono su Twitter: “È lei sotto mentite spoglie”. Lo stile è simile, così come la gestualità. Il marito è parte integrante della coreografia, col suo bacio casto verso la fine. Gli austriaci si giocano Cesár Sampson, una carta vincente. No, non è Take Me To Church: il brano s’intitola Nobody But You, ma qualche somiglianza c’è. L’estone Elina ci ruba la lingua. E non solo quella: l’abito viene chiaramente da Frozen. Alexander from Norway è qui per ripetersi. Ha già vinto nel 2009, e quest’anno vuole bissare. La scenografia è il suo punto di forza: geniale, la trovata degli strumenti virtuali. Poi il Portogallo della Pascoal, con una chioma rosa shocking e scioccante. “Qui è un colore che va molto”. Non è un buon motivo per atteggiarsi a confetto.