La morte di Marco Vannini continua a sconvolgere l’opinione pubblica, mentre si cerca ancora di fare luce sui tanti misteri che risalgono a quel giorno di tre anni fa. Ferito gravemente in casa della fidanzata Martina Ciontoli, sarebbe stata la mano del padre della ragazza, Antonio Ciontoli, a sparare il colpo d’arma da fuoco contro la vittima. In quel momento in casa, va ricordato, erano presenti anche Maria Pezzillo, la moglie di Ciontoli, i figli e Viola Giorgini, la fidanzata di Federico Ciontoli. Per riuscire a capire l’esatta dinamica dei fatti, hanno avuto un peso significativo l’esame balistico, il funzionamento dell’arma in dotazione a Ciontoli e la traiettoria del proiettile. Sono questi gli elementi puntualizzati durante il processo di primo grado sulla morte di Marco Vannini ed al centro dell’inchiesta che Le Iene trasmetteranno nella prima serata di oggi, domenica 13 maggio 2018. Tutto ruota attorno alla pistola Beretta, una delle due armi registrate regolarmente a nome di Antonio Ciontoli, condannato a 14 anni di carcere in primo grado. Secondo la versione dell’imputato, data in occasione del primo interrogatorio con il pm, le pistole si trovavano in un armadietto del bagno in previsione di un’esercitazione che si sarebbe potuta svolgere nei giorni successivi. In quei momenti, Marco si trovava in bagno per fare la doccia, all’interno dalla vasca di casa Ciontoli. Il ragazzo avrebbe chiesto al suocero di vedere le pistole, affascinato dal mondo delle armi e dopo averle notate in mano al suocero, entrato nel bagno per prelevarle dall’armadietto e metterle in un posto più sicuro.



DIVERSI PUNTI DA CHIARIRE

Sono diversi i punti da chiarire su quanto accaduto a Marco Vannini, sul perché il proiettile che gli è stato conficcato nel braccio non sia stato visto subito né da Antonio Ciontoli e i suoi familiari né dai soccorsi intervenuti sul posto. Questi ultimi sono stati informati tra l’altro che la ferita di Marco era dovuta ad una caduta accidentale in vasca da bagno, forse contro un pettine che gli aveva procurato un piccolo foro. Una tesi avvallata dal fatto che in quel momento il ragazzo non sanguinava. L’esame balistico illustrato nel processo a carico di Antonio Ciontoli e i suoi familiari, sottolinea come l’arma Beretta dell’imputato avesse un difetto di costruzione. Per poter sparare, l’imputato avrebbe dovuto scarrellare la pistola per far entrare il colpo in canna ed abbassare il cane, come evidenziato anche dal primo servizio di Giulio Golia de Le Iene. L’esame autoptico ha invece dimostrato come il colpo sia entrato nel corpo di Marco da destra a sinistra, dall’alto verso il basso, dalla parte posteriore del suo corpo fino all’anteriore. Una traiettoria particolare, che si conclude con la presenza del proiettile nel polmone della vittima. In quei tragici momenti, Marco avrebbe avuto inoltre il braccio destro leggermente alzato, mentre la distanza fra chi ha esploso il colpo e la vittima è individuata fra i 15 e i 25 cm, come sottolineato dal pm D’Amore durante la settima udienza del processo di primo grado e dal giornale di Viterbo Terzo Binario. Clicca qui per vedere la prima parte dell’inchiesta de Le Iene sulla morte di Marco Vannini.



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