Maurizio Zanolla rimarrà impresso nella storia mondiale con il nome di Manolo e quelle arrampicate ad alta adrenalina che lo hanno visto scalare le vette più improbabili. Eravamo immortali non è solo il titolo del libro che ha pubblicato con Fabbri Editore in questi mesi, ma anche lo spirito con cui ha affrontato tante avventure e pericoli. Pioniere dell’arrampicata e scalatore libero, una leggenda che in realtà non ha mai avuto alcun interesse a entrare nella storia. A pochi giorni di distanza dal ricordo di Reinhold Messner e dell’impresa titanica registrata sull’Everest 40 anni or sono, Manolo sarà ospite di Che fuori tempo che fa per parlare del suo personale contributo all’alpinismo. Senza dimenticare ovviamente tutte quelle “cavolate” che ha fatto e da cui ha avuto fortuna di uscirne vivo, fra cui come ha ricordato al Trento Film Festival, Il Mattino dei Maghi e Eternit, le due vie che ha aperto a Tologa nell’81 e nel Baule 28 anni più tardi. Due imprese da niente a sentire le sue parole, che racconta con umiltà ed emozione nel suo libro.
MANOLO, LA VITA ALLA RICERCA DELL’EQUILIBRIO
“Una vita vissuta alla ricerca dell’equilibrio” quella di Manolo, come sottolinea nella prefazione e ricorda La Stampa, che elenca le emozioni legate alle scalate, esperienze significative e intense, con sullo sfondo e contemporaneamente al centro quella montagna che gli ha regalato la possibilità di allontanarsi dalle contaminazioni sociali. Il mese di maggio continua ad essere significativo per Maurizio Zanolla, conosciuto anche come Manolo per le sue imprese titaniche come scalatore e alpinista. Occasioni d’oro per condividere una vita di successi e scivolate che ha descritto nel suo libro Eravamo immortali, che presenterà anche il prossimo 26 maggio 2018 al Festival di Castelfranco Veneto, Sottosopra. Un posto d’onore che ha ottenuto grazie al contributo dato all’arrampicata ed alla sua trasformazione, come il tentativo di scalare Manaslu e i suoi ottomila metri, in un racconto inedito che mette al centro gli anni ’70 o ’80, quando il ragazzo che cerca di fuggire alla frenesia del mondo, scopre l’amore per la natura e il fascino delle regole della montagna.
LA PASSIONE PER LA MONTAGNA
Una passione forse innata, ha raccontato in un’intervista a Montagna, e di certo non ereditata dai genitori, ma dal caso. Non un’ossessione, come ammette di aver capito nel corso degli anni, convinto che abbia scalato “molto meno di quel che si potrebbe pensare”. Una vita lontana dalle gare e non perché non ha mai creduto nella competizione, che vede come sbocco vincente per i giovani, in contrasto con l’arrampicata a cui ci si può avvicinare in tutte le fasi della propria esistenza. E guardandosi indietro forse c’è un pizzico di competizione nelle proprie imprese, ma non in contrasto con gli altri pilastri dello sport. Piuttosto con se stesso, alla ricerca di quelle motivazioni che lo hanno spinto a migliorarsi.