Claudio Amendola dopo l’infarto si è raccontato su VanityFair.it. In attesa di vederlo da domani debuttare in sala con l’opera prima di Simone Spada dal titolo Hotel Gagarin, confida di come questo avvenimento ha radicalmente cambiato la sua vita. Inizialmente però, si parla della trama della pellicola che racconta la storia di un professore di Storia, Nicola (interpretato da Giuseppe Battiston), che viene tradito da un produttore (Tommaso Ragno). Spedito in Armenia per conquistare dei finanziamenti pubblici, il docente si trova ad alloggiare in questo hotel, alle prese con numerosi cialtroni. Tra questi proprio Elio (interpretato da Amendola), elettricista romano che per andare via si è inventato il lavoro come tecnico cinematografico. “La pratica di ottenere finanziamenti attraverso il cinema, in passato, è stata molto praticata. Era piuttosto facile, sa, semplice come in effetti è semplice per l’ottimo Tommaso Ragno. E, vede?, porca miseria. Dire Ragno, oggi, significa dire Il Miracolo”, confessa l’attore.
Claudio Amendola parla dell’infarto
In televisione lo rivedremo molto presto. Claudio Amendola infatti, oltre al cinema ha appena finito di girare una serie per Rai1 dal titolo “Carlo e Malik”. E sul suo ruolo di Elio, elettricista bonaccione di “Hotel Gagarin” svela: “Io ho interpretato, nel 70% della mia carriera, il ruolo del coatto. Nel 30% restante, però, sono riuscito a fare altro, il politico con Virzì ad esempio. In generale, direi che mi piace fare ruoli disturbanti, che lascino nello spettatore il peso di aver visto qualcosa che l’ha fatto star male”. La pellicola racconta l’importanza dei sogni ma questi devono necessariamente adeguarsi alla realtà, tra crisi economica e precariato. “Io non sono un fautore della decrescita felice. Penso, però, che le priorità possano cambiare, anche quando gli obiettivi restano identici a se stessi”, aggiunge Amendola e poi continua: “A settembre io ho avuto un infarto, e, mi creda, ho rivoluzionato le mie priorità. Il lavoro, che per me era il Dio, unico e solo, della mia vita, ha smesso di esserlo. Ci sono altre cose, molto più importanti, che il lavoro stava facendo in modo che io non vivessi”.