“Nulla di personale”, con Giovanni Moro. “Atteniamoci ai fatti”. Inizia l’intervista: “Il ricordo di Aldo Moro è quello di una scena del crimine. Il genere è ‘cold case’, e questo non consente di ricordare ciò che è stato”. Ne parla “in terza persona”: “E’ un fantasma, quasi un santino”. Sulla posizione politica: “Si decise di non decidere”. Ecco perché si parla di omicidio di Stato. “Le motivazioni mi hanno fatto pensare a un incantesimo, un ‘sonno’ che colpì tutti. Andreotti in primis: per equità rispetto ai precursori, lasciò morire qualcun altro”. Sulle ricostruzioni postume: “I risultati non sono stati entusiasmanti. Non sempre, almeno”. E il negazionismo? “Se n’è parlato tanto, sin dalla prima istruttoria. Mio zio, con il suo libro, rimise tutto in discussione”. Moro fu un personaggio modernissimo: a lui si deve la rottura della conventio ad excludendum, con la stretta di mano storica tra Partito Comunista e Democrazia Cristiana. [agg. di Rossella Pastore]



OSPITE A CHE TEMPO CHE FA

Giovanni Moro non potrà mai dimenticare l’ultimo saluto al padre Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse quasi 40 anni fa. Così come la lettera d’addio che lo statista italiano ha inviato ai familiari dopo aver realizzato che non potrà sopravvivere al sequestro. Dal punto di vista di Giovanni Moro il Governo ha avuto un ruolo centrale nell’intera operazione, data la sua scelta di non decidere. Come ha sottolineato a La Repubblica, è per questo che non è stata aperta una trattativa e non c’è stata la volontà di scoprire dove le BR tenessero in ostaggio il prigioniero. Giovanni Moro sarà presente nella puntata di oggi di Che tempo che fa su Rai 1 per ricordare quei tragici momenti. Importante lo studio che il figlio dello statista ha fatto negli anni in qualità di intellettuale e sociologo per comprendere il contesto in cui è stato fatto l’attacco allo Stato italiano.



GIOVANNI MORO, PRESTO LA FICTION SUL PADRE

Un delitto nazionale, quello di Aldo Moro, che ha visto l’intervento segreto di Paolo VI. Un documento contenuto nel libro che Riccardo Ferrigato ha pubblicato grazie alle edizioni San Paolo, sottolinea Famiglia Cristiana, che metterebbe in luce un intervento di don Pasquale Macchi, segretario del Pontefice, nella correzione della versione definitiva. La richiesta del Pontefice era infatti che la liberazione di Moro avvenisse “senza alcuna imbarazzante condizione”, aggettivo scomparso e al centro di importanti riflessioni della famiglia del presidente della DC. Sarebbe stata l’assenza di quelle parole infatti a far precipitare la situazione. Giovanni Moro ha partecipato alla presentazione in anteprima della docufiction realizzata dalla Rai per omaggiare il padre Aldo Moro, che verrà interpretato da Sergio Castellitto. L’attore avrà il compito di dimostrare tramite Aldo Moro – Il professore, non solo il volto pubblico dello statista italiano, ma anche il suo ruolo di docente e giurista.



LE SUE PAROLE SULLA MORTE DI ALDO MORO

Un testimone che per molti e altri versi è passato dalle mani di Moro a quella dei figli, fra cui anche Giovanni, che ha contribuito con la sorella Maria Fida a raccogliere i giornali di quell’epoca e a ricostruire il tessuto sociale e politico in cui è maturato il delitto Moro. Ultimo dei quattro figli di Aldo Moro e Eleonora Chiavarelli, l’intellettuale aveva appena 20 anni il giorno in cui il padre è stato rapito e la sua scorta trucidata. Di quel giorno, sottolinea a La Repubblica, ricorda ogni dettaglio, quello sguardo distratto che quella mattina, attorno alle 8, lancia al padre che si sta facendo la barba. Per molti anni è stato forse uno dei pochi a ribadire come la morte di Aldo Moro non fu un colpo allo Stato, ma per fermare il suo progetto politico. Lo dimostrerebbe il fatto che i Brigatisti hanno ucciso lo statista proprio in un momento cruciale in cui persino la DC dava dimostrazione di voler entrare in contatto con i rapitori.