Tratto dal libro per bambini La piccola scopa di Mary Stewart, Mary e il fiore della strega mostra subito il suo legame con Hayao Miyazaki, mentore del regista Hiromasa Yonebayashi, e con lo studio Ghibli, da cui provengono i fondatori dello studio Ponoc, che ha prodotto il film.

Mary, la protagonista, ricorda la streghetta di Kiki – consegne a domicilio, che a sua volta cavalcava una scopa, cambiava città, aveva un gatto per amico e doveva imparare a gestire la magia. Ma le suggestioni cinematografiche e letterarie non si fermano qui.



La storia mostra la nascita di una nuova strega: Mary, capelli rossi e crespi, va ad abitare dalla zia in un paesino di campagna, dove si annoia in attesa che inizi la scuola. Seguendo un gatto nero, trova nella foresta una vecchia scopa e un fiore straordinario, che le trasmette dei poteri magici, anche se temporanei. La bambina, che si sente goffa e imbranata, scopre un mondo nuovo, in cui il suo talento è apprezzato e ricercato: la sua scopa la conduce, infatti, nell’università dei maghi, un luogo in bilico tra magia e tecnologia, popolato da studenti e insegnanti dediti a studi avanzati. Quando, però, un ragazzino del villaggio viene catturato e usato per un esperimento orribile, Mary comprende il lato oscuro della magia e tira fuori il coraggio per combatterlo.



La prima parte del film, con il trasferimento in campagna e la solitudine della ragazzina, ricorda certi romanzi della tradizione inglese. L’ingresso nella foresta seguendo il gatto fa pensare ad Alice e al Bianconiglio, mentre l’università dei maghi non può che riportare a Harry Potter. Il tema della fiaba, tuttavia, si discosta da questi modelli. Mary usa la magia per sconfiggere la magia stessa, per tornare alla vita normale. Gli esperimenti sugli animali e sugli esseri umani portati avanti in segreto nell’università, infatti, mostrano gli effetti devastanti di un uso arrogante e sbagliato dei poteri magici e della scienza, che stravolgono la natura producendo (letteralmente) mostri. Mary, ancora innocente e pura di cuore, vede l’arroganza di chi, accecato dall’ambizione e da un malsano desiderio di manipolazione della natura, dimentica l’umanità. Scienza e magia sono unite nel film, proprio in quanto strumenti di trasformazione che possono creare e distruggere al tempo stesso.



Certo, non si può negare che si senta la mancanza di quel “tocco” magico (per restare in tema) che distingue i capolavori del maestro Miyazaki. Manca la dimensione onirica de La città incantata, per esempio, ma anche la molteplicità di significati che caratterizza le opere dello studio Ghibli. Mary e il fiore della strega si sviluppa in modo lineare, forse fin troppo tradizionale. Ciò non toglie che il film sia un prodotto di valore, in grado di coinvolgere e suscitare meraviglia nello spettatore.

La cura riservata alle scenografie, ai colori e ai movimenti è straordinaria. La profondità del messaggio, che spinge alla riflessione su un tema delicato e importante nella nostra epoca, si unisce a un immaginario in grado di incantare i bambini e, perché no, anche gli adulti.