Mara Venier entra in studio sulle note di Viva la Rai. Come a dire: torna, ‘sta casa aspetta a te… Subito gaffe di Fazio: “Cos’hai sulla maglietta? Un’aragosta? E quelle chele?”. Mara: “Mi stupisce, che tu guardi le chele…”. Comunque: “Per me sei stato il primo”. Il conduttore è interdetto: “Sarò smemorato, ma fino a questo punto…”. Fuor di equivoci, si parla della prima intervista: “Ero emozionata, non avevo confidenza con le telecamere”. Non ancora, almeno: “Adesso sono la ‘zia’ della tv”. E Bossari è uno dei nipoti. Certo, se avesse qualche anno in meno… “ci proverei, ovvio!”. Peccato che Daniele si sia appena sposato. “Sui social mi hanno massacrata”. Quasi volesse usurpare lo sposo: “Però non ero vestita di bianco, ma di magnolia”. Dalla sua ha Enzo Miccio. “La verità è che sono ingrassata, ed era l’unico vestito che mi stava”. Sempre la solita. [agg. di Rossella Pastore]
ECCO COSA E’ SUCCESSO NELL’ULTIMA PUNTATA
A Che tempo che fa, Luciana Littizzetto è vestita da contessa. Due le opzioni disponibili: “L’altra era il curriculum”. Entrambi riferimenti al neopremier Conte. Fazio la liquida così: “Va be’, è l’ultima puntata… tutto è concesso”. Eloquente. E a proposito di politica, il primo ospite è Carlo Cottarelli. “Io sono di Savona, spero non sia una pregiudiziale”. Si ride: “L’applauso dei giornalisti? Era la prima volta, così mi hanno detto. Personalmente ho fatto un sospiro di sollievo, si vedeva che ero contento”. Poi parla della telefonata. “Stavo per guardare la settima di Breaking Bad. Per la cronaca: devo ancora recuperarla”. Sull’euro: “Non rigetto a priori l’ipotesi di un’uscita. In questo momento, però, sarebbe sconveniente. L’Italia con la lira non è il Paese di Bengodi”. Per dirla in termini economici: i costi supererebbero i ricavi, e non è il caso di prendersi il rischio.
Piccola parentesi sulle regole “inutili”: “Qui vige l’obbligo di mantenere la destra”. Anche negli Stati Uniti: vedi cos’è successo con Trump… L’intervista dà il là al colloquio coi giornalisti. Peter Gomez (Il Fatto Quotidiano) parla di dualismo Salvini-Di Maio: “Sono uniti dal profondo rispetto per l’elettorato”. Più critico Serra (la Repubblica): “Curioso vedere due populisti al Governo. Dovranno dar conto proprio al ‘popolo'”. Saggio Gomez: “L’Italia chiede diritti sociali, non diritti civili. Ecco perché i radicali non hanno mai superato il 6 per cento”. Luciano Fontana (Corriere della Sera): “È ora di finirla con la campagna elettorale; non c’è più un establishment da abbattere”. Quanta verità: l’establishment sono loro, ed è una bella grana, per il partito antisistema. Il prossimo step è l’autodistruzione… o perdita di consensi.
Serra fa una confessione “Sono ‘straniero’ perché non mi sento rappresentato. In Italia, la sinistra non esiste”. Che non lo senta Marco Rizzo. “Il successo di Salvini si deve alla sua bravura a semplificare”. E a lanciare slogan: si pensi a “Padania libera” o “Basta euro”. Ma è tutto superato, da quel 1° giugno. Semicitazione di Bauman: la politica è gassosa. Saviano: “Salvini deve darsi una regolata. È ministro; non è pensabile continuare a parlare così”. E nemmeno cambiare ulteriormente. Sarà pure il Governo del Cambiamento (di idee), ma si è già fin troppo confusi. Dopo la filippica, Fazio rievoca i bei vecchi tempi di Vieni via con me. “Destra-sinistra”, allora, diventa “popolo-élite”, come “impeachment” diventa “impingement”: un errore da dilettanti, o da… popolo. Lo stesso popolo che prima eleva, poi prende in giro.