Il vostro Yoda ha deciso di fermarsi qualche giorno ancora in Italia per vedere da vicino i primi passi del nuovo governo, che dovrà a breve affrontare le prime emergenze come quelle dell’Ilva e dell’Alitalia, il tentativo di far qualcosa in linea con le sesquipedali promesse fatte in campagna elettorali, e soprattutto sfogliare il dossier delle circa 300 nomine pubbliche che aspettano, tramite le quali si assume di fatto il controllo del Paese.
Qualche osservatore ha già notato che questo è il governo con il più alto tasso di tecnici dall’esecutivo Monti in poi, il che testimonia l’estrema necessità che hanno i nuovi governanti di reperire persone che se ne intendano veramente. Ma non è affatto semplice, perché il vero tecnico non può abdicare alla sua esperienza e alla sua competenza per seguire un indirizzo politico strampalato.
Tra i tanti vertici di enti pubblici in scadenza, quello che attira di più l’attenzione in questi giorni è quello della Rai: Camera e Senato hanno appena pubblicato i 236 curricula inviati alla loro posta certificata entro la scadenza del 31 maggio. Apparentemente sembra una procedura corretta, ma è facile immaginare che trattandosi dell’azienda di servizio pubblico che maneggia l’informazione, se tecnici hanno da essere, avranno ovviamente più fortuna quelli di “area”. Così nei corridoi della Rai si stilano già liste con le diverse appartenenze, liste destinate a cambiare rapidamente vista l’abilità di giornalisti e dirigenti nel riposizionarsi, dopo essere stati a lungo renziani, ad esempio.
Un antico uomo notoriamente di sinistra come Freccero (già consigliere nel Cda Rai uscente) si è affrettato infatti a dichiarare di essere populista, e addirittura – si sussurra nei corridoi di viale Mazzini – si sentirebbe già al vertice massimo assegnando e distribuendo virtualmente a destra e a manca futuri incarichi. Giovanni Minoli ha rivendicato i suoi successi anche industriali come l’iniziativa di Un posto al sole, tacendo del tutto su un enorme conflitto di interessi, dato che la moglie possiede la Lux Vide, uno dei principali fornitori di fiction della Rai, dove lavorano anche il cognato e la figlia. Tra i candidati, c’è una nutrita pattuglia di giornalisti, sia quelli già presenti nel Cda uscente, che ha clamorosamente toppato proprio sul progetto di riforma dell’informazione (che faccia tosta, ripresentarsi dopo un simile tonfo!), e una batteria di ex giornalisti e dirigenti di Saxa Rubra, viale Mazzini e della carta stampata, che vorrebbero salire per gusto personale sul ponte di comando, ignorando – come Yoda ha già avuto modo di ribadire – che oggi il Cda ha al massimo un potere di indirizzo, e ai consiglieri e al presidente non è possibile toccare palla in alcun modo operativo.
Sono poi avvero pochi i manager della tv e della comunicazione presenti nelle liste dei pretendenti. Si agita molto Novari, che è un perfetto candidato alla ripetizione dell’approccio dell’ex dg Gubitosi: esperto come Novari di telefonia mobile soprattutto sul fronte amministrativo, non aveva capito di trovarsi a gestire una grande impresa di servizio pubblico che tratta informazione, intrattenimento e cultura: un compito ben al di sopra delle sue competenze e della sua statura. Sarà interessante vedere come il governo bicefalo se la caverà con questo complesso dossier: si legge, ad esempio, che se Milena Gabanelli è molto sostenuta dai 5 Stelle, che la voleva addirittura Presidente della Repubblica, ma non si sa perché su di lei la Lega abbia posto un veto assoluto. Anche in questo campo quindi si aprono trattative, scambi, compromessi, e chi ci rimetterà sarà certamente la Rai, anche stavolta.