Il documentario su don Luigi Ciotti, firmato Paolo Santolini, metterà in luce la storia del prete che da Pieve di Cadore inizierà la sua lotta accesa contro la mafia ed il silenzio. “Così in terra” verrà trasmesso da Rai 3 questa sera, venerdì 8 giugno 2018, grazie a un’introduzione di Vasco Rossi. “Due vite spericolate“, ha sottolineato il rocker in conferenza stampa, “come sono in fondo tutte le vite che si lasciano guidare dall’inquietudine“. Per riuscire a realizzare il suo racconto video, il regista ha seguito il sacerdote e la scorta che lo segue da 29 anni per un biennio. In viaggio al suo fianco da Roma a Palermo, fino a Napoli e Milano, in tutta Italia. Senza sosta e con due compagni di viaggio sempre accanto a lui: la Costituzione ed il Vangelo. “Il cambiamento non è opera di navigatori solitari”, afferma don Ciotti, “sono da cacciare i mafiosi corrotti, non i migranti“, scrive ancora nei suoi appunti pensando all’attualità politica del nostro Paese. Per il religioso non ci sono dubbi sul fatto che la terza guerra mondiale sia già iniziata nel momento stesso in cui finanza ed economia sono diventati i burattinai della popolazione. “So che dai vostri balconi vedete chi dorme qui”, riporta La Repubblica.



L’impegno di don Ciotti

Rivoluzionario e attento a incendiare i fuochi di paglia, don Ciotti ha iniziato fin da bambino a precorrere i tempi. Persino alle elementari per il giovane Luigi era chiaro che il pregiudizio sarebbe stata una piaga da combattere per tutta la vita. “Colpa” dei suoi abiti dismessi, di quella dimora che era ovunque i genitori decidessero di portarlo,  portandolo “là dove c’era uno straccio di lavoro”, prima di decidere di fermarsi a Torino. “Montanaro” è la prima offesa che il futuro don Ciotti si sente dire dalla maestra e solo perché mancava il fiocco alla sua divisa da allievo delle elementari. Luigi però non la prende bene e invece di rinchiudersi in se stesso, “afferrò il calamaio e glielo gettò addosso”. L’inizio di un lungo percorso che spingerà don Ciotti a rimanere nomade per tutta la vita, dalla parte degli oppressi, voce di chi non riesce a parlare, nella lotta contro i potenti manifesti e quelli invisibili. Ad ascoltare le parole di Maria Teresa, rimasta senza il marito venti anni fa e con tre figli piccoli da crescere. A sentire le parole di un prete che ha accettato il finanziamento di un camorrista pur di restaurare il tabernacolo. Una vita sempre in viaggio e con  l’orologio sotto l’occhio vigile, mentre si prodiga al servizio degli altri e per questo considerato scomodo. “Bisogna eser sobri“, grida, “Guardare alla sostanza dei problemi“. Nessun convegno contro la mafia, ma azioni. “La guerra vera alla mafia la fanno i testimoni a cui dà voce“, sottolinea mentre ricorda quanti familiari delle vittime hanno alzato la testa dopo aver perso tutto ed hanno deciso di lottare per ottenere giustizia e verità.

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