Il “papà” di Puma, Rudolf Dasser, ha vissuto momenti difficili al momento della rottura col fratello Adi, con il quale ha separato le sue strade. E mentre “AdiDas”, dal nome appunto del fratello, iniziava a diventare una delle fabbriche e dei marchi di materiale sportivo più importanti al mondo, Puma iniziava più a rilento la sua avventura. La svolta per il brand tedesco è arrivato al momento del passaggio di consegne tra Rudolf Dasser e il figlio Armin. E’ sotto la sua guida che Puma è diventato un marchio internazionale, compiendo il definitivo salto di qualità da quella che era un’azienda dall’impatto locale, ad un brand conosciuto in tutto il mondo. Trovando così una dimensione sul mercato capace di affiancare Puma ad Adidas, in un ideale ricongiungimento con quelle che erano state le idee iniziali assieme al fratello Adolf, pur proseguendo ormai su strade inesorabilmente separate. (agg. di Fabio Belli)



La frattura col fratello Adi

Fratello di Adolf, Rudolf Dassler subisce a sua volta il fascino del mondo delle scarpe grazie al lavoro in fabbrica del padre Christoph. Per il giovane imprenditore con l’amore per l’economia e il marketing sarà quindi ovvio unirsi al fratello quando quest’ultimo deciderà di avviare la sua prima azienda, subito dopo aver prestato servizio nell’esercito durante la Prima guerra mondiale. La sua vita sarà comunque caratterizzata da alcuni elementi in comune all’esistenza del fratello. A partire dal fatto che il padre avrebbe voluto per entrambi i figli un futuro diverso dal proprio. In particolare, Rudolf verrà addestrato per diventare un poliziotto, ultimando la sua formazione nel luglio del 1923. Sarà Adi ha spingerlo a collaborare e fondare la Gebrüder Dassler, la prima fabbrica sportiva che vedrà alla guida i due fratelli. Si dividono quindi i compiti e le responsabilità commerciali in base ai loro talenti: il primo ha un forte amore per lo sport e lo sviluppo tecnico, mentre il secondo ha una visione globale, soprattutto per quanto riguarda il commercio. Sembra quindi che entrambi si completino a vicenda, motivo che poi li aiuterà a diventare uno dei brand più interessante di quegli anni. Le stesse abilità tuttavia, ricorda Barbara Smit nella sua lunga inchiesta “Pitch Invasion: Adidas, Puma and the Making of Modern Sport” (edizione Penguin), porteranno a una frattura insanabile e tale da rendere impossibile trovare un punto d’incontro. Anche se alla fine l’evento attirerà ancora una volta una grande fortuna per i due fratelli Dassler, grazie alla decisione di fondare Adidas e Puma.



Le Olimpiadi del 1928

Rudolf Dassler non conoscerà subito il clamore e l’accoglienza positiva del pubblico mondiale. L’imprenditore dovrà infatti fare i conti con delle difficoltà economiche nel corso dei primi anni di attività al fianco del fratello, in attività grazie al brand Gebrüder Dassler. A soli due anni dall’apertura della fabbrica, i due fratelli si ritrovano infatti a confezionare solo una cinquantina di scarpe al giorno, ma riescono a confidare che le cose cambino in fretta. E così avviene nel 1926, quando la richiesta inizia ad aumentare e si rende necessario cambiare laboratorio. A contribuire al successo di entrambi saranno le Olimpiadi del 1928 ed alla vittoria di Lina Radke, la prima sportiva a indossare un paio di scarpe dei Dassler e detentrice del record di quell’anno per gli 800 metri piani. Diverso tempo dopo, a ridosso dello scoppio della Seconda guerra mondiale, Rudolf diventa invece un attivista del partito nazista, sentendosi sotto pressione per l’ascesa e le imposizioni di Adolf Hitler. La sua visione sul futuro dell’azienda inizia a cambiare, così come il rapporto con il fratello Adi. Per Rudolf non è in grado di sostenere la guida del brand e per questo cerca di farsi sostituire dalla moglie Frield quando si ritrova a dover partire con l’esercito, nel 1943, proposta che invece Adi non accetta per via di un accordo antico fatto dai Dassler: in assenza di uno dei due, sarebbe dovuto essere l’altro fratello a svolgere il compito di entrambi.

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