28 anni appena e una vita che iniziava a crescere dentro di lei: Monica Ravizza verrà uccisa dal fidanzato Diego Armando Mancuso mentre porta in grembo il frutto del loro amore. Lui, all’epoca dei fatti 30enne, non accetta infatti che la loro storia d’amore sia finita e di aver perso l’occasione di arrivare fino alle nozze. Il delitto avviene nel settembre del 2003, mentre la vittima si trova a letto nella propria abitazione. Mancuso in seguito cerca di uccidersi e di dare fuoco alla casa, ma senza riuscirci. Al suo arresto, i legali cercheranno di ottenere una perizia psichiatrica che dimostri la sua infermità mentale, richiesta rigettata dalla Corte d’Assise. Otterrà tuttavia una riduzione ulteriore della pena, anche rispetto ai 20 anni comminati in primo grado grazie al rito abbreviato. Il caso di Monica Ravizza verrà ricostruito da Il Terzo Indizio nella sua puntata di oggi, venerdì 13 luglio 2018, come sempre in onda su Rete 4. Il delitto di quella giovane ventottenne verrà ripercorso più volte in sede processuale, anche di fronte ai familiari della vittima. Come ricorda La Repubblica, durante il processo d’appello la madre Maria Teresa si è limitata a piangere in silenzio, stringendo una foto di Monica fra le mani. 



La condanna di Diego Armando Mancuso

La morte di Monica Ravizza non sarà la sola a procurare un mix di dolore e rabbia ai familiari della ragazza. Ad alimentare quella sofferenza destinata a non spegnersi mai più, sarà soprattutto la decisione dei giudici di ridurre più volte la pena assegnata a Diego Armando Mancuso. Le autorità infatti non hanno alcun dubbio sulla colpevolezza del 30enne, ex fidanzato della vittima e padre del figlio che portava in grembo. Monica però ha deciso di non proseguire quella relazione e persino di abortire, riferendo al compagno di allora di non voler più nemmeno sposarlo. Saranno questi i particolari che spingeranno Mancuso ad armarsi di coltello ed aggredire la ragazza, per poi dare il suo corpo in pasto alle fiamme e mettere in scena un tentativo di suicidio. Condannato in primo grado a 18 anni, la sentenza di appello ridurrà di altri due anni la pena, già ridotta di 1/3 come previsto dal rito abbreviato. Mancuso tuttavia uscirà di prigione solo 11 anni dopo aver commesso il delitto, scatenando la rabbia e la delusione dei familiari di Monica. A Estate in Diretta, Maria Teresa D’Abdon sottolineerà infatti il suo dolore: “Bisogna eliminare il rito abbreviato per il femminicidio”. Per la donna infatti è impensabile dover fare i conti con la morte della figlia maggiore e la consapevolezza che il suo assassino sia invece in libertà, con una vita normale ed un lavoro in un’azienda del comune.

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