Giornate di nomine, giornate di dichiarazioni e di polemiche, e dato che si parla di Rai, tutto appare come una telenovela all’ennesima replica. Se Yoda avesse sottomano un archivio di quotidiani, si divertirebbe (meglio, si amareggerebbe) a leggere le stesse cose nelle edizioni di venti, dieci, cinque anni fa. Chi è in minoranza grida come sempre alla lottizzazione (anche se fino ieri aveva occupato ogni poltrona possibile), mentre chi si sta prendendo i posti che contano parla di scelte equilibrate. Riprendiamo per l’appunto dal Messaggero di ieri: Ha detto Roberto Fico: “Finalmente non ci saranno più influenze politiche sulla tivvù pubblica”. E invece, anche con il governo del cambiamento, la lottizzazione somiglia a quella di sempre. Oramai dovremmo averlo imparato tutti: più si sostiene a gran voce la necessità di rispettare valori civili, più potete stare sicuri che si sta per fare l’esatto contrario.
E infatti, nonostante le dichiarazioni di Roberto Fico, non c’è una fonte che non dica che gli eletti nel Cda Rai hanno una provenienza e un marchio ben preciso: De Biasio è stato eletto in quota Lega, Rossi in quota Fratelli d’Italia, Borioni in quota Pd, Coletti in quota 5Stelle. Si tratta certamente di persone rispettabili, con curricula più o meno adeguati, che curiosamente andranno a far più che altro battaglie di dichiarazioni alle agenzie, visto che con la nuova riforma, come ha scritto Mario Ajello su Il Messaggero, “ormai, il Cda di Viale Mazzini non conta un piffero. È soltanto il direttore generale quello che decide e che comanda in Rai”. Ma gli equilibri che si creano servono anche a far capire come piazza le sue truppe il nuovo potere, e come se lo dividono i partiti al governo Frankenstein. Non a caso si sta aspettando a nominare il Presidente e l’Amministratore delegato (l’unico che può veramente fare il bello e il cattivo tempo a viale Mazzini), anche perché si sta cercando a gran fatica di trovare un difficile equilibrio per la tolda di comando della cassaforte più grande d’Italia, la Cassa depositi e prestiti.
Nell’attesa, c’è chi strepita per la nomina di un fedelissimo di Berlusconi a presidente della Commissione di vigilanza. Ma guarda proprio Bersani, già autorevole rappresentante di quel Pd che non si è mai battuto per condurre in porto una legge sul conflitto di interessi, ora attacca: “Uno sfregio. Le famose opposizioni, parlo di Pd e Forza Italia, attribuiscono la presidenza della Vigilanza Rai a un uomo Mediaset. Siamo al dadaismo puro e non voglio parlare di altro. È chiaro che il Pd voleva il Copasir“. Durissimi anche i rappresentanti dei giornalisti: “Siamo alla istituzionalizzazione del conflitto di interessi. Affidare la presidenza della Commissione di Vigilanza a un ex dipendente di Mediaset è un passo senza precedenti“, dicono Fnsi e Usigrai. Strepita anche Gianluigi Paragone, una vita nella Lega e ora capogruppo di M5S in Commissione vigilanza: “Voglio sperare che il nuovo Presidente della Commissione di vigilanza sia per il rispetto di una Rai imparziale, di una Rai al servizio dei cittadini e non sia al servizio di Mediaset“.
Intanto il neo-presidente della Commissione Alberto Barachini si lancia in rassicurazioni ecumeniche: “Mi auguro che la nostra attività venga valutata sul merito, nella massima trasparenza e con la disponibilità ad ascoltare tutti per dare risposte concrete ai cittadini che usufruiscono del servizio pubblico“. Che altro poteva dire uno che al bar della Camera viene considerato da alcuni come il mostro di Firenze cui è appena stata affidata la direzione di un reparto di ginecologia?