L’Appello per l’omicidio di Sara Di Pietrantonio si è svolto lo scorso maggio: Vincenzo Paduano è ritornato di fronte ai giudici per aver bruciato e ucciso l’ex fidanzata. Il colpo di scena avviene proprio in questa sede, dato che all’ex guardia giurata verrà riconosciuta una riduzione della pena rispetto alla sentenza di primo grado. Niente ergastolo dunque, ma 30 anni di carcere. A due anni di distanza dall’orrendo delitto, la madre della vittima non ritiene che Paduano si sia pentito del suo gesto. “Crudele e malvagio“: lo definisce così il giudice del processo di primo grado nella sentenza, sottolineando che la modalità dell’omicidio sia stata alimentata dall’incapacità dell’imputato di digerire la decisione di Sara di lasciarlo. La perdita del controllo sull’ex fidanzata avrebbe infine scatenato in Paduano una sete di vendetta, tanto da spingerlo ad organizzare l’agguato in cui la ragazza verrà uccisa. Il caso di Sara Di Pietrantonio verrà ripercorso da Il Terzo Indizio nella puntata in onda questa sera, venerdì 20 luglio 2018, in prima serata su Rete 4. “Non credo che l’imputato si sia pentito per davvero“, riferisce invece a Il Corriere della Sera la madre della vittima, Concetta Raccuia, presente in aula al momento del verdetto dei giudici d’Appello. “Paduano ha pianto per se stesso“, ha sottolineato poi parlando delle lacrime dell’ex guardia giurata. Le stesse che scorreranno copiose sul suo volto subito dopo l’arresto, in occasione dell’interrogatorio del gip. Secondo la ricostruzione, Vincenzo Paduano avrebbe seguito la vittima grazie alla geolocalizzazione del suo cellulare, l’avrebbe osservata mentre accompagnava a casa il nuovo fidanzato e l’avrebbe preceduta in via della Magliana attorno alle 3 di notte, dove durante un’accesa discussione, le avrebbe messo le mani al collo. Dopo averla uccisa, le darà fuoco grazie ad una bottiglietta d’alcool che ha nella propria auto e usando una sigaretta.
La paura di Sara, le parole di Vincenzo
La morte di Sara Pietrantonio è ancora oggi uno dei fatti di cronaca più terrificanti del nostro Paese. La modalità con cui l’ex fidanzato Vincenzo Paduano ha messo in atto il suo piano criminale è evidente anche nella sua decisione di ritornare al lavoro subito dopo aver commesso il delitto, simulando di non essersi mai allontanato. Il cellulare, spento per renderlo irraggiungibile durante l’agguato a Sara, sarà uno degli elementi che tuttavia il gip userà per incastrarlo durante l’interrogatorio. Paduano però sulle prime rivela di non ricordare nulla di quello che è accaduto e di temere persino di essere un mostro, senza saperlo. Solo dopo essere messo di fronte alle prove indiziarie, deciderà di ammettere di aver incontrato l’ex fidanzata. Il pm Maria Gabriella Fazi ottiene in seguito una rogatoria internazionale per ottenere le chat che l’ex guardia giurata ha cancellato dal proprio profilo Facebook. Dai messaggi apparirà chiaro come Sara temesse di essere uccisa e che fosse terrorizzata da Paduano, che di contro non avrebbe mai fatto mistero delle sue intenzioni. “Ci vuole una rivoluzione, tabula rasa“, scrive il 30enne due ore prima dell’omicidio della ragazza. Il movente è quel “marcio radicato nel profondo“, quella decisione della vittima di non voler sottostare al gioco dell’ex fidanzato, fra persecuzioni, pedinamenti e stalking. “Mi sono macchiato della peggiore azione che un uomo possa fare“, sottolineerà invece in tribunale il giorno prima di ascoltare il verdetto definitivo della Corte d’Appello, “per questo mi definisco un mostro”.