A 28 anni dalla morte di Simonetta Cesaroni non è ancora stato individuato un colpevole. Il delitto di via Poma, come diventerà  tristemente nota la tragedia della ragazza di Roma, non sembra trovare una svolta che porti ad un colpevole. Nel corso degli anni, in seguito a quel 7 agosto del ’90, finiranno nel mirino degli inquirenti tre persone: il portiere Pietrino Vanacore, il nipote di un condomino, Federico Valle, e il fidanzato della vittima, Raniero Busco. I tre uomini tuttavia verranno scagionati nel tempo dalle accuse. Ad indagare sull’omicidio è il funzionario Antonio Del Greco, che di recente ha svelato di non riuscire a darsi pace per non essere riuscito a risolvere il caso. “Una bambina colpita a morte con quella violenza“, sottolinea a La Repubblica, “pensavo all’umiliazione dei genitori”. Simonetta Cesaroni viene presa di mira da uno sconosciuto, che l’afferra, la obbliga a stare sul pavimento e la colpisce ripetutamente prima di pugnalarla per 29 volte con un tagliacarte. L’enigma di via Poma e la morte di Simonetta Cesaroni verranno approfonditi grazie a Sabato in giallo nella puntata di oggi, 21 luglio 2018, in onda su Tv 8 in seconda serata. Un vero e proprio giallo, che vedrà gli inquirenti seguire diverse piste. Anche quella di uno spasimante, di cui un’amica della vittima parlerà a Del Greco. “La notte prima del delitto era andato sotto casa sua“, riferisce al giornale, “e le aveva urlato brutte parole tirandole delle pietre sulla tapparella della stanza“. A questo punto delle ricerche sono già trascorsi otto anni dal delitto, ma quella testimonianza è sufficiente perché il funzionario riesca a far riaprire il caso. La pista tuttavia si rivelerà infondata, come quella che conduce a Vanacore, il primo dei sospettati. Per Del Greco è chiaro che il portiere di via Poma abbia mentito. “Fu il primo arresto preventivo della storia“, racconta, anche se poi il mostro, come verrà additato dalla popolazione inferocita, risulterà innocente.



Simonetta Cesaroni e il rapporto con Raniero Busco

Il delitto di Simonetta Cesaroni sembra destinato a non trovare risposta. Quel perché che a lungo si sono ripetuti i familiari della giovane contabile non ha mai ottenuto un riscontro, unsospettato valido, una pista da seguire per comprendere che cosa sia accaduto nell’agosto del ’90. Simonetta viene descritta come una ragazza gentile, dedita al lavoro ed alla famiglia. Anche per queste sue caratteristiche quel giorno non esiterà a stare da sola negli uffici del suo datore di lavoro, da sola, per ultimare delle pratiche. Le 29 coltellate che le verranno inflitte attorno alle 18 di sera, orario in cui avrebbe dovuto chiamare il datore di lavoro, spingeranno subito gli investigatori a vagliare la pista sentimentale o quella del rancore. I colpi inferti sul corpo di Simonetta, rimasta senza vita immersa nel proprio sangue, sono fin troppi agli occhi delle autorità perché non ci sia dietro un segreto da scoprire. Di errori tuttavia ne verranno fatti tanti, anche se scavando emergeranno diversi particolari anche sul fidanzato della vittima, Raniero Busco. Quest’ultimo verrà infatti processato ventidue anni dopo l’orrendo omicidio, ma verrà assolto nel 2012. E questo nonostante alcuni risultati scientifici, ricorda Il Corriere della Sera, dimostreranno che il DNA estratto dalla saliva e ritrovato sui reperti della vittima corrisponde a quello di Raniero. L’accusa però farà emergere il pensiero di Simonetta su quell’uomo di quattro anni più grande di lei. “Sei un lurido verme schifoso“, scrive in una sua missiva al fidanzato. “Non credevo che saresti arrivato a tanto“. Secondo la ricostruzione infatti, la loro relazione era costellata di maltrattamenti. Simonetta si sentiva trascurata, come scrive nelle pagine del suo diario, ma si convince a proseguire il rapporto per via di quell’amore che voleva disperatamente.

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