Non chiamatela “anziana”. Lei è Lina Wertmüller, la “vecchia” Lina Wertmüller dei film anni Settanta tra il tragico e il comico. È il trend dei titoli chilometrici, da Travolti da un insolito destino nell’azzuro mare d’agosto a Mimì metallurgico eccetera eccetera. Solo un’eccezione: il film si chiama Pasqualino Settebellezze, e le vale non sette, ma quattro nomination agli Oscar. Lina fu la prima donna nella storia del cinema a contendersi la statuetta in qualità di regista. Ma a Los Angeles non ci andò: “Non è vero”, smentisce pronta a Famiglia Cristiana, “solo che non avevo voglia di sedermi in prima fila nel posto che mi avevano riservato. Chiesi alla moglie del critico Tullio Kezich, Lalla, di sostituirmi e mi spostai qualche fila più in là accanto al protagonista del film, Giancarlo Giannini. Passammo la serata a ridere come pazzi, mentre tutto il mondo pensava che io fossi Lalla Kezich”.



C’è lei dietro la coppia Giancarlo Giannini-Mariangela Melato. La scomparsa di quest’ultima, nel 2013, la colpì profondamente. “Sono andata a salutarla per l’ultima volta e l’ho trovata di una bellezza assoluta. Il suo viso aveva un candore che porterò sempre con me”. Tra le perdite che l’hanno segnata, quella del marito Enrico Job: “Siamo stati sposati per 44 anni. Era un artista molto più bravo di me. Eravamo diversissimi, ma stavamo bene insieme. E poi era bellissimo. Sono stata molto fortunata a vivere con un uomo come lui”. Lina Wertmuller rifugge dalla definizione di “regista impegnata”. “Molto meglio lavorare sul libro preferito da mia madre che ho divorato anch’io, perché Gian Burrasca era un discolo come me”. Degna di nota anche la sua (breve) carriera musicale: con Nino Rota scrisse Viva la pappa col pomodoro, canzone cult del genere per l’infanzia. “Gli dissi: ‘Ninetto, ti ricordi Je cherche après Titine, la canzone che Charlot canta in Tempi moderni? Potresti partire da lì’: e così fu”.

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