Nel 1993, Maurizio Costanzo fu (quasi) vittima di un attentato di stampo mafioso. La puntata di stasera di Techetechete’ ripercorre anche quei tragici istanti, la tappa finale di un percorso di odio e morte segnato dall’impegno antimafia. In quel periodo, Costanzo aveva espresso la sua ferma adesione alla lotta contro la mafia, realizzando una maratona televisiva a reti unificate con Michele Santoro. I toni furono aspri: la severità della condanna risvegliò nel Paese la consapevolezza del pericolo. Fu allora che un primo gruppo di fuoco si recò a Roma con lo scopo di uccidere Falcone, Martelli o, in alternativa, Costanzo. L’obiettivo più semplice era proprio il celebre conduttore: dopo le registrazioni del Maurizio Costanzo Show, i mafiosi solevano appostarsi per controllarne i movimenti. Più di un tentativo fallì: l’ultimo, andato a buon fine, lasciò illesi sia il presentatore che l’allora compagna Maria De Filippi. Nell’esplosione subirono gravi danni i palazzi di via Fauro, ma l’attentato non fece registrare vittime.
IL CASO
“Se non avessi cambiato macchina, per caso, quella sera… abbiamo fatto in tempo a girare in una strada che finiva in via Fauro, perché chi doveva far brillare la bomba si è chiesto ‘ma sarà lui o non sarà lui’ e ha premuto quando noi eravamo già fuori tiro”. Queste le motivazioni della mancata riuscita, spiegate da Costanzo a L’intervista (Canale 5). “Io lo voglio dire, mi è dispiaciuto molto: Maria è stata molto male e le ho promesso che non mi sarei occupato di mafia per un po’”. Maria De Filippi precisa: “No, avevi promesso che non te ne saresti mai più occupato”. Costanzo replica: “Dopo tanto”. E lei: “Be’, insomma…“.
CONSEGUENZE
I danni materiali furono tanto ingenti da portare all’evacuazione di diversi edifici. Per la mancanza di vittime e per i danni gravi ma non disastrosi (crollo di cornicioni e muri di recinzione) si parla spesso di “fallito attentato” di via Fauro. Contestualmente al caso, altri obiettivi ebbero meno fortuna: si parla dei 21 scomparsi degli attentati tra il ’92 e il ’93, tra cui quelli a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Gli stessi causarono gravi danni anche al patrimonio artistico del Paese, come nel caso della strage di via dei Georgofili.