Mirco Alessi sarà tristemente noto per il delitto di via Fiume a Firenze. Una duplice aggressione che porterà alla morte di due donne, Kimberly, transgender brasiliana di cui era cliente da tempo, e Mariela, una sudamericana che al momento dell’omicidio si trovava in casa. Una terza vittima è invece riuscita a fuggire dalla finestra, quel giorni di fine giugno di due anni fa. Lo scorso dicembre Alessi si è sottoposto al verdetto dei giudici, che lo hanno condannato a 30 anni di carcere. A pesare sulla sua posizione, come ha sottolineato il pm in aula, sono stati i 94 colpi di machete inferti su Kimberly. La ricostruzione in tribunale è agghiacciante anche per via di questo dettaglio. Un giorno in pretura ripercorrerà la vicenda processuale di Mirco Alessi nella sua puntata di oggi, sabato 22 settembre 2018, in occasione della prima puntata della nuova edizione. Si ricostruirà così la scena del crimine e gli attimi precedenti al duplice omicidio. Secondo l’accusa, riferisce La Nazione, l’imputato avrebbe vissuto una violenta lite con Gilberto Manoel Da Silva, il nome anagrafico di Kimberly. Avrebbe quindi preso un grosso coltello dalla cucina e si sarebbe scagliato contro la vittima ed infine avrebbe inferto 18 colpi anche a Mariela Josefina Santos Cruz, un’amica in comune che è morta dissanguata sul pianerottolo del palazzo di via Fiume. In quel momento era presente anche un’altra amica di Kimberly, che tuttavia riuscirà a darsi alla fuga e sfuggire ad un tragico destino. Messo in manette dopo una breve caccia all’uomo, l’accusa per Alessi è stata di tentato omicidio e duplice omicidio volontario, pluriaggravato.

L’assenza di premeditazione evita l’ergastolo

E’ stata l’assenza di premeditazione ad impedire ai giudici di condannare Mirco Alessi all’ergastolo. La pena è stata ridotta quindi a 30 anni. Il giorno del duplice delitto di via Fiume, l’imputato avrebbe telefonato ad un amico e gli avrebbe chiesto rifugio per sfuggire alla Polizia. “Ho ammazzato queste due transessuali”, racconta il testimone in aula, come riferisce La Repubblica. La confessione di Alessi confermerà l’omicidio di Kimberly, la transgender Gilberto Manoel Da Silva, e l’amica Mariela Josefina Santos Cruz, di origine dominicana. Per la pubblica accusa però il movente non è da cercare nella furia che avrebbe spinto Alessi a scagliarsi contro le vittime in seguito all’ennesima lite. La transgender infatti avrebbe ricattato Alessi da tempo, per via del rapporto di clientela che durava da tempo. Importante anche la testimonianza di un altro degli amici dell’imputato, che descriverà Alessi “un po’ psicolabile” in seguito alla separazione in casa con l’ex compagna, da cui aveva avuto un figlio. “Una voleva denunciarlo per violenza carnale”, ha riferito ancora in aula parlando forse di Kimberly. Quest’ultima avrebbe richiesto una somma in denaro al cliente e l’imputato sarebbe andato nel pallone per paura che i giudici gli togliessero la possibilità di vedere ancora il figlio.

Premeditazione o impeto?

Premeditazione o impeto? Sarà questo l’elemento chiave che vedrà accusa e difesa battersi per la posizione di Mirco Alessi. All’epoca 43enne, è reo confesso di due omicidi avvenuti nel giugno del 2016. Il primo di Kimberly, nome usato dalla transgender brasiliana Gilberto Manoel Da Silva, ed il secondo dell’amica in comune e domenicana Mariela Josefina Santos Cruz. Secondo il pm Daniela Cento, Alessi avrebbe agito senza dubbio premeditando il delitto tempo prima. Lo dimostrerebbe la scelta di portarsi un grosso coltello a quell’ultimo incontro con Kimberly. Secondo la difesa invece si tratterebbe di una furia omicida, alimentata dalla nuova richiesta di Kimberly di avere dei soldi per non denunciarlo per violenza sessuale. “Ha perso la testa, era pieno di alcool e droga. Ha inferto 94 coltellate, è segno di uno stato emotivo alterato”, afferma lo psichiatra Massimo Marchi, perito della difesa, a Italia Sette.

“La mia intenzione era solo di spaventarla”

“La mia intenzione era solo di spaventarla”, afferma Mirco Alessi in aula prima di scoprire il verdetto per l’accusa di duplice omicidio volontario. L’imputato fiorentino avrebbe sottolineato più volte di non aver incontrato Kimberly quel giorno per ucciderla. E si sarebbe quindi portato dietro un coltellaccio, simile ad un machete, solo per intimorirla e spingerla a non ricattarlo ancora una volta. Alessi afferma infatti che la transgender Kimberly gli avrebbe chiesto dei soldi per un rapporto non consenziente avvenuto la sera prima, quando l’imputato si sarebbe ritrovato in stato alterato a causa della cocaina. Il giorno dopo Alessi avrebbe scelto di pagare per evitare di avere dei problemi con le visite al figlio, stabilite in fase di separazione con l’ex compagna. E invece Kimberly avrebbe chiesto ancora dei soldi. “Volevo tagliare questa relazione”, riferisce Alessi in aula parlando degli ultimi istanti di vita della vittima. “C’è stata una discussione, un po’ accesa ma solo a parole”, continua ancora parlando con i giudici. Il ricatto sarebbe iniziato quindi due o tre mesi prima del duplice delitto di via Fiume. “Ricordo di aver cominciato ad infierire con dei colpi”, spiega parlando di come è iniziata invece la colluttazione sfociata in omicidio, in un video ripreso da Il Sito di Firenze. Kimberly avrebbe cercato quindi di togliere l’arma dalle mani del fiorentino, poi sarebbe caduta dal letto ed il suo aguzzino ancora sopra di lei, che continuava a colpirla. Sul punto di uscire, avrebbe incrociato la seconda vittima e sembre in preda alla furia, si è scagliato contro di lei.