“What You Gonna Do When the World’s on Fire?” è stato il secondo film presentato a Venezia in questa settantacinquesima Mostra del Cinema. Il documentario porta la firma di Roberto Minervini che ha voluto raccontare la condizione di vita degli africani nel sud degli Stati Uniti dove, ogni giorni, combattono contro la povertà e la discriminazione. Il regista, marchigiano di nascita e americano d’adozione, ha catturato gli eventi della zona di New Orleans per sedici settimane durante l’estate dello scorso anno, portando così, sul grande schermo del Lido di Venezia, 123 minuti di scene documentate. Minervini e il suo team sono riusciti ad addentrarsi tra le comunità nere del Sud degli Stati Uniti e tra le Black Panthers: “Siamo riusciti ad avere accesso a quartieri e comunità off-limits per i più. Mi sono presto reso conto che la maggior parte delle persone si sentiva molto coinvolta in due eventi drammatici della recente storia locale: l’uragano Katrina e l’uccisione di Alton Sterling per mano di due poliziotti”, ha raccontato il regista.
LE STORIE RACCONTATE
In conferenza stampa Roberto Minervini ha sottolineato il fatto di quanta responsabilità abbia avuto portando un intero team di riprese su luoghi così pericolosi, persone, come lui ha raccontato, pronte a rischiare la vita pur di condividere un problema urgente. All’interno del documentario si raccontano diverse storie. Tra queste quella dei due fratelli Ronaldo e Titus di 14 e 9 anni che vivono in un quartiere dove le sparatorie sono la normalità; in casa la mamma insegna ai figli come tenersi lontani da situazioni pericolose. Poi c’è la storia di Kevin, il capo di un gruppo del carnevale nero di New Orleans, che vuole salvare la cultura e le tradizioni del suo popolo. E infine Judy, proprietaria di un bar del quartiere, punto di riferimento nonostante gli abusi subiti. “Ho raccontato storie del Sud americano che si sono svolte in forma inaspettata sotto i miei occhi – ha raccontato il regista – Ho documentato aree dell’America di oggi dove i semi della rabbia reazionaria e anti-istituzionale erano già stati piantati”.