Tra i titoli più attesi dell’anno per regista e cast di stelle, The Sisters Brothers è stato presentato al Festival di Venezia 2018. In concorso per la vittoria del Leone d’Oro, il lungometraggio firmato da Jacques Audiard vanta infatti interpreti di altissimo livello: i protagonisti Joaquin Phoenix e John C. Reilly, ma anche Jake Gyllenhall e Riz Ahmed. La pellicola narra la storia dei fratelli Charlie ed Eli Sisters, che vivono in un mondo a loro ostile: entrambi hanno le mani sporche di sangue, sia di criminali che di gente innocente. Tra loro due però esistono delle differenze sostanziali: sebbene entrambi lo facciano di professione, il più giovane Charlie è nato per uccidere, mentre Eli sogna una vita normale. Il Commodoro li ingaggia per scovare un uomo ed ammazzarlo, con i due fratelli che iniziano una caccia spietata per mezza America: un percorso che metterà alla prova il loro legame e che porterà a sorprendenti scoperte…
Ci troviamo di fronte a un film molto particolare: tutto porterebbe a pensare ad un western, ma in realtà ci troviamo di fronte a un’opera più complessa. Gli spunti dark si coniugano con il più classico dei romanzi di formazione, con i clichè del classico genere prettamente americano che vengono abbattuti o declinati. Tratto dal romanzo dello scrittore canadese Patrick Dewitt, The Sisters Brothers focalizza l’attenzione sulla violenza e sull’uso che l’uomo, in questo caso i due fratelli Charlie ed Eli, ne fa. E le tematiche trattate lo confermano: dall’amicizia all’amore, non quello tra uomo e donna ma tra due fratelli, passando per la semplice ricerca della felicità. Audiard, che ha firmato l’ottimo Deephan, vuole indagare nell’animo umano, prendendo dal classico western la voglia di riscatto e di ricominciare da capo.
La musica è firmata dallo straordinario Alexandre Desplat, vincitore di due premi Oscar alla migliore colonna sonora con Grand Budapest Hotel e The Shape of Water – La forma dell’acqua, che come Audiard cerca di distanziarsi dal tipico commento sonoro western: nessuna citazione degna di nota a un mostro sacro come Ennio Morricone, ma una rosa di generi coniugati alla perfezione con la storia raccontata. La macchina da presa di Audiard segue passo passo i due protagonisti e le loro azioni, cercando di comunicare allo spettatore le loro emozioni. Insomma, un altro ottimo film in concorso a Venezia 75, con Audiard che evidenzia la sua duttilità registica e la capacità di poter fare sua, ponendo un segno indelebile, qualsivoglia storia raccontata.