Non fa più il pugile, ma l’allenatore, d’altro canto l’età è quella che è. Sylvester Stallone si cimenta nel secondo episodio di Creed, intitolato La vendetta, titolo roboante tipico dei suoi film. Come sanno tutti i fan Adonis Creed è il figlio del vecchio rivale di Rocky, Apollo Creed, morto nel quarto episodio della saga, ucciso dal possente pugile sovietico Ivan Drago, che riappare anche lui in questo nuovo episodio. Si tratta di una lotta tutta in famiglia: da una parte Rocky che allena Creed, dall’altra il russo che allena il figlio Viktor per ottenere la rivincita e la vendetta delle sue disavventure. Il quotidiano Il Mattino di Napoli ha intervistato Stallone sul set del film dove ci sono due ring, uno ambientato negli Stati Uniti e uno in Russia. Stallone non ha dubbi: il suo è un film dai sapori shakesperiani.



BOX E SHAKESPEARE

Questo grazie alla storia tra lui e Drago che torna a vivere. A questo, spiega, va aggiunta la sfida tra i figli dei due protagonisti che sentono che devono vendicare i padri: “Davvero i figli devono portare il fardello dei padri?” chiede Stallone, che è il messaggio del film. Dice però di non avere risposte ma solo altre domande: il figlio sarà meglio del padre? Perché sente di vendicarsi per lui? E’ una operazione pubblicitaria o una reale esigenza? La risposta, dice l’attore-regista, se la darà il pubblico. Il fatto che da 40 anni reciti sempre lo stesso personaggio, spiega, è dovuta alla sua corporatura e ai pregiudizi che lo hanno confinato in pochi ruoli sempre uguali. Ma lui, dice, non si lamenta: ama Rocky. Molti attori che devono fare quel ruolo, dice, vanno da lui a farsi insegnare: “A combattere non impari in qualche mese, per questo devi prendere gente che sa lottare. Devi avere l’aspetto, le misure e una certa empatia che impari solo boxando”.

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