Brenno è figlio di Michele Placido e debutta oggi al teatro Elfo Puccini di Milano nello spettacolo La classe di Vincenzo Manna in cui recita la parte di Nicolas, uno skinhead di periferia che vuole far chiudere il campo profughi nel suo quartiere. Così descrive in una intervista a Repubblica il suo personaggio: “violento, aggressivo, si oppone al campo in città dove ci sono stati rapine e stupri, è uno di destra molto diverso da me”. A proposito del problema migranti dice che chiudere i porti non serve a niente, le vite vanno salvate, è l’tbc dei diritti umani. Mio nonno era un emigrato, noi faremmo lo stesso”. Interpretare un personaggio così diverso da se stesso, dice, è comunque stimolante: lavorare su rabbia e violenza gli ha dato la possibilità di scoprire molte cose di me stesso. Al padre, dice, tende a non chiedere consigli, cerca di fare il suo percorso: “Artisticamente è un modello, cerco di rubare delle cose da lui. Però è una persona che parla poco, è più mia sorella Violante (anche lei attrice, ndr) che mi aiuta e sostiene”.
IO E MIO PADRE
Non si è mai opposto alla sua scelta di fare l’attore, dice, anche se quando cominciò gli disse che è un mestiere duro dove bisogna studiare moltissimo. Il debutto di Brenno Placido è stato insieme a lui, al padre, in Romanzo criminale: “Lui ha sempre cercato di coinvolgermi nel suo mondo e dato che non c’era mai in estate mi portava in tournée con lui. Così in Romanzo criminale mi chiese se volevo fare la parte di un ladruncolo che ruba una macchina. Avevo 13 anni, non c’era la sovrastruttura di fare l’attore, solo la voglia di stare con lui”. Essere figlio “di” è un peso o un vantaggio? Dice che all’inizio non ci pensava poi ha cominciato a sentire la pressione. Adesso sta lavorando al film di Domenico Cioffi, Il caso Pantani, in cui farà la parte dello sportivo scomparso da giovane.