Il governo giallo-verde non finisce mai di stupire. Si consideri, a titolo di esempio, la recente nomina di Lino Banfi nella Commissione italiana dell’Unesco. Luigi Di Maio ha usato toni pressoché trionfalistici: “Ne approfittiamo per dare una notizia all’Italia che a me riempie di orgoglio: come governo abbiamo individuato il maestro Lino Banfi perché rappresenti il governo nella commissione italiana per l’Unesco. Abbiamo fatto Lino Banfi patrimonio dell’Unesco!”. E dal palco “nonno Libero” ha preso immediatamente la parola:



1) “Ho posto subito le mie due conditio sine que non: niente inglese e niente leurea“;

2) “Basta con tutti questi plurileureati nelle commissioni, io porterò un sorriso”;

3) “Mi impegno a rendere la figura del nonno, la città di Canosa, l’allenatore Oronzo Canà e le cosce di Edwige Fenech patrimoni mondiali dell’Umenità“. (Su quest’ultimo punto i parrucconi dell’Unesco hanno già fatto sapere di essere pronti a votare la proposta all’unanimità…).



E il premier Giuseppe Conte? Si è presentato a Davos, al World Economic Forum – congresso mondiale dove si riuniscono periodicamente quelle élites economico-finanziarie che si arricchiscono sulle spalle della povera gente – infervorandosi in un discorso ricco di buoni propositi e di buone preposizioni: “Noi – ha detto in estrema sintesi il nostro presidente del Consiglio – vogliamo un’Europa del popolo, al popolo, dal popolo, col popolo, nel popolo, sul popolo, per il popolo, tra il popolo”. (Applausi e “like” a grappolo tra tutti i delegati presenti, colpiti dalla sua… popolosità).



Poteva forse mancare, in un simil consesso, la voce del ministro dell’Interno, Matteo Salvini? Da schietto e pratico lumbard, avvezzo alle cose concrete, il vicepremier leghista ha pensato bene di istituire – quatto quatto – una commissione nuova di zecca. Il suo nome? C.I.Re.Pro.ModiD. Che sarà mai, un medicinale? Un gastroprotettore o forse un antistaminico? Niente di tutto ciò, bensì più semplicemente (semplicementeee???) un acronimo che sta per Commissione Italiana Revisione Proverbi Modi di Dire. Il suo compito? Fare in modo che alcune idee forti dell’attuale maggioranza pentaleghista (o che comunque si immagina appartengano all’idem sentire di bossiana memoria) vengano rafforzate dalla cultura popolare.

“In pratica… che vuol dire?” ha subito chiesto il ministro Danilo Toninelli, desideroso di capire.

La risposta di Matteo Salvini – che per non essere punto frainteso l’ha presa paro paro dall’Encicolpedia Treccani online – è arrivata lapidaria via Facebook: “Con modo di dire o, più tecnicamente, locuzione o espressione idiomatica si indica generalmente un’espressione convenzionale, caratterizzata dall’abbinamento di un significante fisso (poco o niente affatto modificabile) a un significato non composizionale, cioè non prevedibile a partire dai significati dei suoi componenti. Espressioni come essere al verde, prendere un abbaglio, tirare le cuoia non significherebbero nulla se considerate solo come somma dei significati dei loro componenti; se considerate in blocco, invece, rimandano a un significato traslato (detto anche figurato), risultato di procedimenti metaforici e condiviso dall’intera comunità linguistica. Te capì, Tontonel?”.

Il Toninelli, che già a questa vagonata di parole si era perso in un tunnel, ha provato a rilanciare: “Prima di decidere se sono d’accordo o no, voglio un’analisi dei costi-benefici di questa misura!”.

Il Matteo non aspettava altro che di poter fare qualche esempio concreto…

“Vogliamo ribadire che il popolo sull’immigrazione sta con la maggioranza? E alùra… tel chì lo slogan: Fin che la barca va, il porto sta chiuso”.

“Siamo in prima linea a favore dell’ambiente? Diciamolo, che siamo i primi ecologisti d’Italia! E alura… tel chì lo slogan: Se tutto fila liscio, non è olio di palma”.

“Serve ribadire che a questo governo non c’è alternativa. E alùra… tel chì lo slogan: L’opposizione fa solo le pentole, ma al popolo la minestra con su il coperchio gliela diamo noi!”.

“Uno dei nostri fiori all’occhiello è stato approvato. Ma noi siamo lumbard, gente che prima di pensare all’Inps pensa a fatica, sudore e sghei, pensa alla pressa, al cacciavite, ai capannoni e alle fabbrichette. E alùra… tel chì lo slogan: Conta fino a 100 prima di parlare di pensione”.

“Un altro dei nostri fiori all’occhiello è diventato legge. Soddisfazione tanta. Ma una bella frase che faccia un po’ opposizione quando si è in manifestazione (c’ho persino le rime baciate…) non è forse sempre meglio averla a portata di… corteo? E alùra… tel chì lo slogan: Per evitare la paranza, reddito di cittadinanza”.

“Siamo cittadini del mondo, gente moderna, inclusivi quanto basta e nei limiti del possibile, multi-etnici e multi-razziali. Ma non del tutto pirla. E alùra… tel chì lo slogan: Moglie e buoi sono cazzi tuoi!”.

“E soprattutto: in questo mondo che va veloce non si possono perdere i treni quando passano. E alùra… tel chì lo slogan: Dimmi con chi Tav e ti dirò chi sei”.

Alùra, mo’ te capì, Tontonel?”.